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Archive for 2 aprile 2011

 
d Veronica Tussi
 
Uno ci mette tutta la sua buona volontà, tutto il suo smagliante sorriso, promette impossibili campi da golf e casinò, acquista un villa sull’isola, s’impegna a sgombrare Lampedusa dagli immigrati entro due giorni. 
Difficile che riuscirà a mantenere le promesse del campo del campo golf e del casinò, ma una cosa è certa: non può mantenere l’impegno dello sgombero entro 48 ore. E per colpa di chi? Del mare comunista che si è agitato alla vista del Cavaliere.
 
 

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Incontro sulla legalità per gli alunni della scuola secondaria di 1° di Milena e Montedoro

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Grande partecipazione da parte degli alunni della scuola secondaria di 1° di Milena e Montedoro, al seminario di educazione alla legalità, che ha avuto luogo oggi presso i locali della Biblioteca comunale di Milena. Il ciclo di seminari, che ha preso il via lo scorso 15 gennaio presso la Scuola Media Statale “Rosso di San Secondo” del capoluogo nisseno, nasce da un’idea dell’Avv. Salvatore Pecoraro, discussa poi con l’Assessore provinciale alla Pubblica Istruzione, Giuseppe D’Antona per il primo ciclo di Seminari (2008/2009) e con l’Assessore Pietro Milano per il secondo ciclo(2009/2010).

Gli incontri, esclusivamente incentrati sul tema della legalità, mirano a far dialogare gli studenti con alcuni rappresentanti della società civile e delle istituzioni. A tale scopo sono state coinvolte ben cinque categorie professionali tra le più rappresentative nella società civile e precisamente: la magistratura, l’imprenditoria, i giornalisti, l’avvocatura e le Forze dell’Ordine.

La speranza, di tutti coloro che si sono impegnati affinché tale progetto si perpetrasse nel tempo, è rivolta al coinvolgimento anche e soprattutto delle famiglie, dei genitori degli alunni, che sempre più di frequente oggi purtroppo risultano essere più che inadeguati… impreparati ad affrontare l’educazione dei propri figli, nella fase critica dell’età adolescenziale.

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IERI LA NOTIZIA INATTESA,

http://www.asdmilenacalcio.it/index.php/news/1-ultime/192-il-presidente-carmelo-palumbo-si-dimette

INSPIEGABILE, INCONCEPIBILE DELLE DIMISSIONI DEL PRESIDENTE DELL’ASD MILENA CARMELO PALUMBO ALL’ANTIVIGILIA DELL’INCONTRO CHE PUO’ ANZI DEVE SEGNARE IL PASSAGGIO STORICO ALLA PRIMA CATEGORIA. LA TRISTE NOTIZIA E’ STATA PUBBLICATA SUL SITO DELLA SOCIETA’ A CUI SI RIMANDA PER I PARTICOLARI.

DISPIACE PER IL PRESIDENTE DIMISSIONARIO MA NOI SI VA AVANTI LO STESSO VERSO LA STORIA, DICONO TUTTI GLI ALTRI DIRIGENTI E GIOCATORI CHE INVITANO AD ACCORRERE IN MASSA ALLO STADIO COMUNALE O IN ALTERNATIVA A SEGUIRE LA PARTITISSIMA IN DIRETTA STREAMING SUL SITO.

http://www.asdmilenacalcio.it/

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 Capolavoro dell’amico Gianfranco Uber:

 

Questa vignetta è stata selezionata come vignetta del giorno sul sito 
CARTOON MOVEMENT che invito a visitare perchè ospita firme molto qualificate del mondo dell’umorismo e della satira internazionale.

Ghermito da http://humour-ugb.blogspot.com/

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IL GOVERNO SI DEVE SVEGLIARE

di Leonardo Sbrana

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Francia: governo ko, Germania: governo ko.

Tra poco più di un mese anche in Italia si andrà a votare e visto l’andazzo credo che non ci sia due senza tre.

Con l’atteggiamento lassista simil catto-comunista che sta seguendo il Governo nei confronti della oramai iniziata invasione islamica credo proprio che dalle urne arrivi una bella legnata.

Berlusconi & C.avete sì e no un mese di tempo per dimostrare che quanto promesso nel 2008 non era aria fritta. Ricordate che ci avete vinto le elezioni. Sveglia.

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 NON SI MUOVE FOGLIA CHE DIO NON VOGLIA

Un tragica fatalità, ma anche un incidente che forse si poteva evitare se quei rami fossero stati potati. Un 54 enne è morto. L’uomo, in sella al suo scoopterone Suzuky, stava percorrendo la corsia centrale della Cristoforo Colombo quando un ramo si è staccato da un albero, per il forte vento, colpendolo in pieno.

Renato Pierri

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Nel febbraio del 2009, ebbi uno scambio di corrispondenza con un noto teologo di una notissima rivista (non cito poiché si tratta di corrispondenza privata), nel vano tentativo di persuaderlo che Dio non interviene nelle vicende umane. Lui però, testardo, insisteva  e ripeteva: “Non si muove foglia che Dio non voglia”.

E io gli spiegavo che se pianto un albero e sono padrone di quell’albero e posso anche distruggerlo se voglio, non significa che sono io a decidere il momento della nascita e della morte delle sue foglie, o la loro caduta al soffiar del vento. Niente. Insisteva, e mi scriveva ancora: “Non si muove foglia che Dio non voglia”.

Proprio in quel periodo un povero giovane medico fu strappato anzi tempo alla famiglia, a causa della caduta di un grosso ramo da un albero, mentre viaggiava sulla Cristoforo Colombo a Roma con la sua motocicletta. Inviai la notizia al noto teologo, aggiungendo: “Non si muove ramo che Dio non voglia”. La segretaria, signora molto gentile, mi comunicò che la risposta avrebbe avuto tempi lunghi. Però sono trascorsi più di due anni. Sarà così oberato di lavoro, il teologo,  oppure avrà avuto qualche perplessità?

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Per comprendere un contesto storico e politico

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Per capire meglio la situazione che si era creata a Catania facciamo un passo indietro.

Nell’Italia dell’Otto-Novecento la repressione dell’omosessualità non poggiava su norme penali esplicite. Il Codice Napoleonico del 1804 – su cui si modellò il codice del Regno d’Italia del 1810 – depenalizzava l’omosessualità. Anche dopo il congresso di Vienna, i governi della Restaurazione conservarono questo indirizzo giuridico, limitandosi a ritoccarlo o a promulgare nuovi codici comunque ad esso ispirati. L’omosessualità non era «reato» in quasi tutti i paesi cattolici già parte dell’Impero. Perché ciò che non si dice, lo sapevano bene i legislatori, non esiste. Dunque, un articolo specifico contro l’omosessualità non poteva esserci perché l’omosessualità, semplicemente, non doveva proprio esistere.

Faceva eccezione il Regno di Sardegna dove, tanto il codice del 1839 che quello del 1859, punivano in generale gli atti di «libidine contro natura».

Al momento dell’unificazione, il codice del 1859 venne esteso alle province meridionali, ma non l’articolo sul contro natura che fu abolito per le sole regioni del Meridione. Ciò vuol dire che sino al 1889, anno in cui entrò in vigore il codice penale Zanardelli, le persone omosessuali potevano essere incriminate a Milano o Torino, ma non a Napoli o Palermo. Con Giuseppe Zanardelli si depenalizzarono gli atti omosessuali in tutta Italia, dunque anche a Nord.

La rotta cambia con il fascismo che invade il campo della morale privata, e si inventa misure repressive, dirette ed esplicite, contro gli omosessuali. Due, le argomentazioni che si intrecciavano: da un lato, la volontà di edificare uno Stato totalitario basato sulla retorica della «pulizia e ordine morale», con punizioni esemplari per i trasgressori; dall’altro, qualla di chiudere gli occhi, sostenere la «rarità del vizio in Italia», far leva sulla complicità delle vittime che avrebbero fatto di tutto per celare le sanzioni che subivano (complice la Chiesa, più stretta al regime fascista dopo i Patti lateranensi del 1929), e comminare la diffida, l’ammonizione o il confino di polizia. Cioè, sanzioni amministrative volte alla prevenzione dei reati.

La diffida era un richiamo ufficiale da parte della questura, e precedeva la denuncia al prefetto. L’ammonizione serviva anche a controllare i movimenti del denunciato, che per due anni doveva notificare in questura ogni spostamento e uscire e rincasare entro un orario prestabilito. Vietato frequentare abitualmente locali pubblici e prendere parte a pubbliche riunioni. L’inosservanza era punita con l’arresto da tre mesi a un anno. Ad assegnare l’ammonizione era una commissione provinciale presieduta dal prefetto e composta dal procuratore del re, dal questore, dal comandante dei Carabinieri della provincia, e da un ufficiale superiore della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale. I cinque uomini lavoravano nell’ombra e l’interessato veniva informato solo quando riceveva l’avviso di comparizione.

La stessa commissione impartiva il confino di polizia, ovvero l’obbligo di risiedere stabilmente in una colonia, oppure in un comune diverso da quello di residenza, per un periodo che andava da uno a cinque anni. Chi si vedeva assegnare il confino poteva, entro dieci giorni, presentare ricorso al Ministero dell’Interno. I ricorsi però, ci spiegano Giartosio e Goretti, venivano puntualmente respinti.

Il questore Molina a Catania, gli arrusi nei rapporti di polizia

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La crisi in Libia continua a imperversare, il costo del petrolio e dei carburanti aumenta e le associazioni dei consumatori si mettono sul piede di guerra: per fronteggiare il caro-benzina bisogna ridurre le accise statali.
Secondo le ultime statistiche, la classifica europea dei prezzi medi al consumo della benzina vede l’Italia in testa. Nel nostro Paese, infatti, un pieno costa di più che in tutti gli altri Stati d’Europa, dalla Danimarca che occupa la seconda posizione fino alla Grecia, la nazione in cui i prezzi sono più bassi.

L’accisa: una tassa “indiscriminata”

In un contesto del genere, non essendo possibile abbassare i prezzi del greggio alla fonte, la scelta del governo di non mettere mano alle accise sui carburanti risulta ancora più indigesta. Il motivo? A differenza dell’Iva, che viene calcolata sul valore dei prodotti, l’accisa è un’imposta statale sulla fabbricazione e sulla vendita di alcuni beni di consumo (oltre ai carburanti, anche alcolici, tabacchi, consumi energetici) che i cittadini sono obbligati a pagare a prescindere dal proprio reddito. Le accise sono calcolate infatti in base alla quantità del prodotto a cui sono applicate e sono espresse in aliquote che fanno riferimento all’unità di misura del bene, che nel caso della benzina è il litro.
Che questo tipo di tributo indiretto e “indiscriminato” costituisca un’importante voce di entrata per il bilancio dell’Italia, così come tutte per i Paesi, è indubbio. Tuttavia, alle associazioni dei consumatori risulta difficile comprendere per quale motivo il governo non scelga di abbassare o di sospendere temporaneamente le accise nei casi in cui i prezzi del greggio subiscono aumenti eccessivi.

Le “gabelle” che i consumatori continuano a pagare quando fanno benzina
A suscitare polemiche è anche la strana origine di queste tasse. Nel caso dei carburanti, infatti, molte accise sono state istituite nel corso degli anni per reperire di volta in volta entrate pubbliche straordinarie dirette a fronteggiare situazioni di emergenza come guerre, crisi o catastrofi naturali. Il problema è che, a scopo raggiunto, non sono state più abolite: così, l’aggravio per i consumatori che acquistano la benzina resta inalterato.

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di Pietro Ancona

 

Bisognerebbe cominciare a fare qualche riflessione sulla “campagna” di Libia intrapresa con impressionante mobilitazione di mezzi aerei e navali dall’Occidente che è sempre capeggiato dagli USA anche se il ridicolo e pericoloso capo dell’Eliseo si scalmana e vorrebbe farne una guerra tutta sua, una vendetta personale per le centrali nucleari che Gheddafi non gli ha fatto costruire in Libia e per la enorme commessa di aerei che non sarebbe stata onorata.
Gheddafi ha preferito continuare a fare affari e stringere accordi con l’Italia che gli ha salvato la vita sopra i cieli di Ustica e che da quaranta anni è presente in Libia con migliaia e migliaia di ingegneri, tecnici, imprenditori, artigiani.
Dalla Libia si diparte il metanodotto, una grandiosa opera di pace che attraversa il Canale di Sicilia e da decenni rifornisce l’Italia del prezioso gas algerino.
Sarkozy era ed è furioso per il quasi monopolio italiano di tantissime attività imprenditoriali di stampo non colonialistico: ha invidia per l’Eni che vorrebbe sostituire con la Total e della Finmeccanica e di tutta la miriade di imprenditori che si occupano di tantissime aspetti della vita economica del piccolo ma ricco e prospero paese: sei milioni di abitanti e tre milioni di stranieri occupati, una iperoccupazione dovuta al genio di Gheddafi e della sua amministrazione che ha fatto fare passi di gigante alla Libia mentre il resto dell’Africa boccheggia e si contorce in preda a spaventosi problemi anche di fame e mentre la Tunisia e l’Egitto offrono ai loro cittadini soltanto la via della fuga in Europa.
La prima riflessione riguarda l’Italia ed i suoi servizi segreti.
L’Italia è stata colta di sorpresa mentre Usa, GB e Francia organizzavano da mesi l’insurrezione ed avevano già elaborato piani esecutivi dettagliati.
L’Italia è stata esclusa da ogni informazione.
Il progetto “insurrezionale” si è sviluppato con la precisione di un meccanismo ben congegnato.
Da Bengasi l’insurrezione è dilagata in tutta la Cirenaica ed ha colto di sorpresa il governo.
Non ho dubbi che per realizzare questi risultati tutte le persone leali con Gheddafi della Cirenaica siano state trucidate per fare una sorta di pulizia etnica.
Quando i rivoltosi parlano di diecimila morti a Bengasi attribuite a Gheddafi penso che si tratti di loro vittime sacrificate per rendere sicuro il loro controllo del governo che si sono affrettati ad insediare e che a quanto pare era già stato riconosciuto dall’Occidente.
La seconda riflessione riguarda il gruppo dirigente italiano.
Fabrizio Cicchitto riconosceva il carattere coloniale ed antiitaliano della guerra a Gheddafi.
Il governo ha sbandato e pur essendo irritato per essere stato messo di fronte a fatti “epocali” e comprendendo il reale significato della iniziativa francese non ha avuto il coraggio di schierarsi accanto alla Merkel o addirittura di assumere una posizione ancora più chiara di difesa della integrità dello Stato libico e del suo diritto di regolare le sue questioni senza interferenze esterne. Anche se il governo avesse voluto assumere un atteggiamento più consono alla tutela dei nostri interessi e della pace nel Mediterraneo non avrebbe potuto con una opposizione che fa sciacallaggio, che rimprovera a Berlusconi di avere baciato la mano di Gheddafi e che fa di tutto per segnalarsi agli USA come più fedele esecutrice della volontà imperiale.
Ricordate il bombardamento di Belgrado ad opera del governo D’Alema?

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Proroga quinquennale dei lavoratori Asu
c.l.)

Buone notizie per i lavoratori Asu che operano all’interno dell’ente comunale. La Giunta comunale ha infatti deliberato la proroga dei loro contratti di diritto privato per altri cinque anni.

In precedenza, lo stesso ente comunale, per il tramite della precedente amministrazione guidata dall’allora sindaco Giovanni Randazzo, aveva provveduto a stabilizzare mediante contratto quinquennale di diritto privato part-time 15 lavoratori con decorrenza dall’1 aprile 2006 al 31 marzo 2011. Ora l’attuale Giunta Vitellaro ha deliberato la richiesta di finanziamento alla Regione Siciliana per un ulteriore quinquennio. Richiesta che è stata riscontrata favorevolmente dalla Regione siciliana che ha comunicato al Comune che è in corso il procedimento per l’impegno della spesa e l’emissione del titolo di pagamento.

Pertanto, alla scadenza dei contratti dei quindici lavoratori Asu la Giunta Vitellaro ha proceduto alla conferma dei 15 contratti quinquennali di diritto privato dei dipendenti Asu con decorrenza da oggi e sino al 31 marzo 2016. I quindici contratti in scadenza che sono stati rinnovati appartengono 5 alla categoria C e 10 alla categoria A.

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