La scomparsa di Carmelo Arnone, tra i primi milocchesi ad emigrare ad Aix-les-Bains
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Il signor Carmelo Arnone (12/3/1923) lascia la Sicilia nel 1945 e, alla fine del suo avventuroso viaggio arriva nella nostra cittadina gemella: è stato tra i primi a scoprire Aix-les-Bains e a richiamarvi i familiari e altri compaesani ai quali ha fornito aiuto e assistenza.
E’ deceduto giovedì 2 febbraio. Tra qualche settimana avrebbe raggiunto il traguardo dei 100 anni.
Ha scritto un libro per lasciare i suoi ricordi in eredità alle future generazioni dal curioso titolo: “Loin de ma mule. A trois pattes” (Lontano dalla mia mula a tre zampe).
Il primo ad arrivare ad Aix-les-Bains fu il signor Salvatore Mendola seguito dalla moglie Antonina Schillaci, con loro inizia la diaspora da Milena ad Aix..
Fu Salvatore Mendola ad accogliere il compaesano Carmelo Arnone che fino a ieri era il più anziano immigrato vivente nella bella cittadina della Savoia.
Ecco come il signor Arnone racconta il momento del loro incontro:
Il signor Salvatore Mendola (che lavora nell’impresa Dumollard) è curvo a tagliare del legno.
Gli chiedo semplicemente: – Mendola?
Lui si raddrizza e mi dice: – Di quale paese sei?
–Di Milocca (il vecchio nome di Milena)
–Qual è la tua famiglia?
–Sono figlio di Carmelo Arnone e di Carmela Messina.
Il signor Mendola ci chiede di aspettare la fine della mattinata e l’arrivo di sua moglie. Pranziamo insieme. Per ragioni personali, il signor Mendola e la sua famiglia stanno in Francia dal 1926, perfettamente adattati. Ci dà preziosi consigli: lottare contro la nostalgia della propria terra; qui gli inverni sono molto rigidi, soprattutto bisogna imparare la lingua francese. Prendiamo i suoi consigli molto seriamente perché sono frutto di vent’anni di esperienza.
Salvatore Mendola e Antonina (Nina) Schillaci sono da tempo morti. Chi oggi va al cimitero di Aix-les-Bains e passa davanti alla tomba dei coniugi Mendola-Schillaci sappia che questi due rappresentano i primi del lungo elenco di milocchesi immigrati nella cittadina con la quale siamo gemellati.
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Le più sentite condoglianze ai familiari da parte della Redazione di Milocca/MilenaLibera
Nella stessa lapide i Caduti di Milocca e San Biagio
Giovanni Cassenti
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Giovanni Cassenti
Finita la Grande Guerra i reduci tornammo a casa senza dimenticare i commilitoni caduti. Come in tutta l’Italia anche a Milocca formammo sezioni di ex Combattenti. Fui eletto presidente e ricoprii tale carica per più di venti anni.
Nel 1920 per immortalare i nostri caduti feci scolpire una lapide commemorativa di marmo da collocare nel muro interno della chiesa, ma ci furono contrasti con il clero che non la voleva messa né dentro né fuori.
Decidemmo comunque di collocarla sul muro esterno della chiesa prospiciente alla piazza, di notte al lume delle torce per non svegliare né i preti né i carabinieri la cui caserma era proprio a due passi.
A peggiorare le cose c’era pure lo scontro politico tra gli Angilella e i Cipolla, i primi socialisti e i secondi popolari.
Il 24 maggio del 1921 tutti i 350 ex combattenti, tra cui non mancò qualche ardito, decidemmo di mettere la lapide sul muro esterno con la forza nonostante il divieto che per noi era un sopruso perché alla fine quella chiesa la avevamo costruito noi e i nostri familiari lavorando gratis.
Non fummo per nulla intimoriti dalla presenza di ben 45 carabinieri, fatti accorrere dalle autorità che temevano disordini e di notte murammo la lapide.
Furono momenti entusiasmanti che ci regalarono la forza di fare e soprattutto la coscienza di un popolo solo, unito anche se Milocca e San Biagio eravamo due borgate e non ancora un comune autonomo, infatti il comitato stabilì di scrivere nella stessa lapide i nomi dei caduti le cui famiglie abitavano nelle due frazioni.
Fui fermato in caserma ma ne uscii grazie alle forti proteste della folla. Fui denunciato a piede libero per adunata e comizio non autorizzati e nel 1922 processato a Mussomeli.
Ne uscii assolto e più testardo di prima nella lotta per fare un solo paese libero e autonomo, una lotta che coinvolse anche le associazioni del lavoro e i migliori uomini delle due borgate. Continuammo fino a raggiungere l’autonomia rispettivamente da Sutera e Campofranco nel 30 dicembre del 1923.
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Le associazioni del lavoro che intervennero nella lotta per l’indipendenza furono la Soc. An. Coop. “Produzione lavoro e consumo” presidente G. Cipolla (Milocca) e la Soc. Coop. Agricola “Produzione e lavoro” presidente Angilella (Milocca). L’Associazione fra combattenti della borgata di Milocca presidente Giovanni Cassenti e l’Associazione fra combattenti di contrada San Biagio presidente Giuseppe Cannella. (Arturo Petix)
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La Notte della Lapide
di Italo Angilella
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Non appena ultimato il programma da attuare e il comportamento da seguire, Salvatore Angilella, Giuseppe Cannella e Giovanni Cassenti gli organizzatori della manifestazione osteggiata da alcuni notabili e dal clero locale, tornarono nelle loro abitazioni in attesa di nuovi sviluppi.
Il 24 maggio 1921 il comandante della caserma dei carabinieri mandò a chiamare Salvatore Angilella (detto don Totò) e lo informò che le autorità provinciali invitavano rimandare la collocazione della lapide, in attesa di trovare una soluzione di compromesso sul luogo più adatto e opportuno ove installarla e che però si poteva svolgere la manifestazione nell’ora stabilita.
Mio padre, tatticamente, aderì subito alla richiesta, manifestando gratitudine alle autorità per la loro comprensione, ma, contemporaneamente, fece sapere che chi si doveva convincere a rinunziare alla progettata collocazione della lapide era Giovanni Cassenti, fiero assertore di tale iniziativa. Era il presidente dell’Associazione fra Combattenti di Milocca con oltre 300 tesserati, disposto a intraprendere qualunque azione, anche illegale, pur di raggiungere lo scopo di commemorare gli Eroi di Milocca e San Biagio, caduti per la Patria.
Le autorità mandarono a chiamare Giovanni Cassenti, prospettando anche a lui l’opportunità di soprassedere alla collocazione della lapide, sicure in un suo ravvedimento consono alle disposizioni prefettizie. I carabinieri stavolta si trovarono a confronto con un Cassenti agguerrito, per nulla remissivo che rivendicava l’alto tributo di sangue dato alla Patria da Milocca e San Biagio.
Come convenuto con l’Angilella e il Cannella (nella foto accanto), Cassenti cominciò col parlare di pacifismo e patriottismo, princìpi che bisognava inculcare alle nuove generazioni in contemporanea, poiché l’uno o l’altro, da soli, degenerebbero: o nel pacifismo dei vili, o nel militarismo dei guerrafondai. Parlò di fratellanza e di crollo delle barriere fra le nazioni, che non dovranno più allagare di sangue la terra; di solidarietà umana, di amore e di sapienza umanitaria.
Con la sua calda parola, ispirata, vibrante d’entusiasmo e di fede nei sicuri eventi che stavano per accadere in piazza, incurante di aderire a quanto richiesto dalle autorità, egli intrattenne le stesse per più di un’ora, parlando delle finalità che l’uomo si deve prefiggere, con gli sforzi di cui è capace la sua fibra tenace, al fine di evitare le guerre.
Nel frattempo Angilella radunava in piazza, provenienti dai vicoli che in essa s’immettono, tutti gli aderenti al suo gruppo autonomistico, pronti a manifestare e collocare la lapide nel muro esterno della chiesa Madre. E così avvenne.
Dal dammuso, nel quale venivano confezionate le bottiglie di acqua gazzosa ermeticamente chiuse con una pallina di vetro e dove era stata provvisoriamente deposta, in assoluto silenzio, la lapide veniva trasportata in piazza; ognuno degli incaricati adempiva al compito affidatogli per una sua immediata collocazione.
Alcuni issarono il ponte, altri, con minore rumore possibile – perché allora la caserma era nel fabbricato dietro la chiesa – perforarono il muro; altri prepararono il gesso; e altri ancora incastrarono la lapide commemorativa nel punti in cui oggi si trova.
Ed un grido di gioia esplose nella piazza, stracolma di uomini, donne e bambini: uno spillo – diceva mio padre – non sarebbe potuto cadere a terra. Tutti poi intonarono La leggenda del Piave, al lume delle torce immediatamente accese.
Iniziai ad andare al Cimitero, in compagnia delle cugine e delle amiche, il 2 Novembre.
Solo per la ricorrenza dei Defunti restava aperto il cancello per permettere ai parenti di vedere i loro cari sepolti.
Ed era anche demoralizzante questa visita, alcuni uscivano subito perché i parenti piangevano e gridavano rinnovando il momento dell’addio specie per quelli che erano morti da poco o per giovane età o per incidente.
Durante l’anno il cancello del cimitero si apriva solo per la sepoltura.
Non c’erano molti fiori e quei pochi provenivano dal proprio orto o coltivati nei vasi in casa.
L’unica tomba gentilizia a forma di cappella era quella di don Salvatore Noto. Poche altre erano tutte in gesso, in gran parte sotterranee per cui si vedevano muriccioli bassi ricoperti di tegole.
La quasi totalità dei defunti venivano interrati e ricoperti a forma di tumolo con la stele e la croce, in campetti diversi che si alternavano: dopo un certo periodo di anni, il campo che si saturava per primo veniva ripulito e i resti finivano nell’ossario comune ed era pronto per altre sepolture.
Tutte avevano una Croce, ma mancava il nome e anche le date di nascita e morte.
Al dottore Sapienza, medico condotto del nostro paese, era morta una giovane figlia, suicida per amore si diceva. Il padre fece costruire una tomba in gesso in fondo al recinto e vi mise la foto della figlia, era l’unica in tutto il cimitero. La nostra infantile curiosità ci portava a visitarla e ammirare la bella giovane della foto morta innanzi tempo.
Grazie Charlotte, ci ha aiutato a conoscerci e a farci conoscere
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Nata Charlotte Laura Woolmington, nel 1928 ricevette il dottorato in Antropologia all’Università di Chicago.
Dopo la laurea durante la sua attività in Cina lavorò presso la Università di Lingnan ad Hong Kong; durante la seconda guerra mondiale all’entrata degli Stati Uniti in guerra, venne fatta prigioniera dai giapponesi, per essere poi rilasciata nel 1942.
Successivamente si arruolò nel Corpo dei Marines dove lavorò presso l’Ufficio dei Servizi Strategici fino al 1947; quando poi divenne una dipendente della CIA fino al suo pensionamento nel 1964.
La Chapman scrisse nel 1928, per il suo dottorato in antropologia, un interessante studio antropologico dal titolo Milocca: un villaggio siciliano, che comprendeva un resoconto dettagliato del piccolo paese dell’entroterra nisseno dove visse per 18 mesi, dopo aver prima vissuto un anno tra i siciliani nella comunità di Chicago. Questa ricerca monografica fu adottata da molte università per comprendere l’antropologia della cultura siciliana e ha avuto il merito di essere stata la prima fatta su una comunità contadina Mediterranea.
Al 30° anniversario mancherà il fondatore del Comitato del Gemellaggio Jean Paul Chauland
Alfonso Cipolla
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Domenica 18 settembre 2022 è deceduto all’età di 75 anni Monsieur Jean-Paul CHAULAND. La famiglia ha diffuso il triste annuncio.I suoi funerali sono stati celebrati nella Chiesa Notre Dame di Aix-les-Bains.
Il Sindaco di Aix-les-Bains, Renaud Beretti, a nome del consiglio comunale e suo personale ha espresso le condoglianze a Michele, alla sua cara moglie, alla sua famiglia e agli amici e lo ha ricordato con stima e affetto.
“Jean-Paul Chauland era un Aixois attaccato alla sua città. E un amico. Ho appreso della sua scomparsa con grande tristezza. Era un uomo discreto, di grande gentilezza, spiritualità e umanità. Entrò in consiglio comunale nel 1985 e ha fatto parte di vari comitati, tra cui la gioventù. Rieletto nel 1995 e stato responsabile della vita associativa.
Jean-Paul ha contribuito fin dall’origine al gemellaggio con Milena rappresentando una figura imprescindibile e instancabile del Comitato di gemellaggio, recandosi in Sicilia, dove è stato apprezzato, ed accogliendo le delegazioni comunali, scolastiche e associative milenesi ad Aix-les-Bains.
L’Associazione “Milena Mia” “molto triste nell’apprendere la notizia della scomparsa di Jean-Paul Chauland fondatore del Comitato Gemellaggio Aix/Milena e tutta la comunità ha porto le più sentite condoglianze alla sua famiglia e ha detto: “Grazie Jean-Paul riposa in pace”.
Anch’io, a nome mio personale e interpretando il pensiero degli amministratori e dei consiglieri che organizzammo e partecipammo alla stipula del Gemellaggio tra le cittadine di Milena e Aix-les-Bains, porgo le più sentite condoglianze ai familiari di Jean-Paul Chauland e ricordo i tratti gentili e la competenza nel suo operare.
Pubblico una foto simbolica in occasione della seconda sua venuta a Milena, davanti la targa del gemellaggio all’entrata del paese. Ricordo la passione comune e l’orgoglio nell’avere costituito i Comitati del Gemellaggio – lui quello di Aix-les-Bains, io quello di Milena – nei quali chiamammo a partecipare le realtà associative locali.
Nessuno muore mai se rimane vivo nel ricordo degli altri. Riposa in pace, Jean Paul.
Purtroppo Jean Paul non potrà partecipare al 30° Anniversario del Gemellaggio tra Aix-les-Bains e Milena che si terrà un Francia nella serata di sabato 29 ottobre 2022 nella sala Vittoria del Casino Grand Cercle.
La Presidente del Comitato del Gemellaggio Liliane Coniglio ha invitato il Sindaco Cipolla Claudio, gli Assessori, i Consiglieri Comunali e il delegato al gemellaggio Sorce Salvatore.
Il Sindaco ha esteso l’invito ai presidenti delle associazioni locali.
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