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Archive for the ‘Storie di Milocca/Milena’ Category

Morto il maresciallo Giuseppe Nicastro, il carabiniere amato da Dalla Chiesa. U figliu d’u zì Totò Garibaldi abitava a Robba Carratiaddri nel villaggio Roma. Oggi merita di essere ricordato.

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cara4Giuseppe Nicastro, maresciallo maggiore dei carabinieri, è morto mercoledì mattina 24 maggio a 86 anni dopo una malattia. Siciliano d’origine, proveniva da Milena (CL), a Milano era arrivato nel 1960 dopo un’esperienza a Foggia.

Sotto la Madonnina divenne immediatamente uomo di fiducia del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa che all’epoca guidava il nucleo operativo, oggi nucleo investigativo. Quelli successivi furono gli anni dei sequestri di persona, delle brigate rosse e della lotta alle prime mafie al Nord. Celebre la sua foto accanto a Renato Curcio, tra i fondatori delle Br, al momento dell’arresto.

Indagini che hanno sempre visto Nicastro in prima linea, con la sua inseparabile bici. Conosceva tutti a Milano: colleghi, informatori, tanti, tantissimi. Si muoveva per le strade sempre alla ricerca di informazioni utili per incastrare l’obiettivo di turno. “Quando si ‘attaccava’ addosso, era una condanna”, un altro dei tanti ricordi che arrivano da Moscova. Era uno di quei carabinieri vecchi stampo: indagini di altri tempi, con suole delle scarpe consumate tra pedinamenti e servizi di osservazione. 

Negli ultimi anni, già in pensione, non era difficile vederlo in caserma. Una buona parola per i colleghi più giovani, un racconto per i cronisti. E ogni volta che arrivava in Moscova sembrava una festa per tutti, per i militari più anziani che avevano avuto la fortuna di lavorare con lui e per i colleghi più giovani cresciuti anche grazie ai racconti delle sue avventure. Avventure che in qualche modo partivano e arrivavano sempre dallo stesso posto: dalla caserma, da casa sua. 

cara3“Durante il primo incontro il generale Dalla Chiesa mi diede tre regole: rispettare le istituzioni, assumersi le responsabilità e massima discrezione. Per questo motivo non ho mai parlato con un giornalista durante la mia carriera. Neppure una volta prima del congedo nel 1997.

L’ho fatto per tenere fede alla mia promessa al generale”, aveva raccontato nella sua prima intervista rilasciata nel 2019 in occasione del volume “Ultima edizione – Storie nere dagli archivi de La Notte”, in cui aveva ripercorsa la sua carriera scandita dall’impegno anche contro il banditismo locale di Vallanzasca e Turatello.

“Ho trent’anni di sonno arretrato – dichiarò Nicastro nella conversazione – Per decenni le mie giornate sono durate 24 ore ininterrotte. Per combattere i banditi devi vivere con i loro orari. Quando cercavo Vallanzasca dovevo andare nei night club. Lui entrava alle 4 del mattino? E anche io ero lì alle 4. Solo che poi lui dormiva fino al pomeriggio e io alle 8 ero in ufficio a fare rapporto”.

I funerali del maresciallo si sono tenuti giovedì 25 maggio alle 10.30 nella chiesa Maria Immacolata di Pieve Emanuele. Tanti i carabinieri presenti per rendere onore a Nicastro, tra cui il comandante provinciale di Milano e una rappresentanza del comando regionale. Sulla bara una foto di Nicastro con la sua seconda pelle: la divisa.

Renato Curcio. La foto d’epoca che racconta una carriera

di Andrea Galli

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cara1La foto del 18 gennaio 1976. fa parte della storia di Milano e dell’Italia appresenta la cattura del terrorista Renato Curcio, ci ridà la piena e realistica descrizione iconografica di una cattura con in primo piano, gli operativi che hanno permesso l’arresto stesso. Eccolo al centro, Curcio, ferito al braccio in conseguenza della precedente violenta sparatoria sulle scale e sul ballatoio del palazzo di via Maderno 5, non lontano dal Naviglio Pavese, dove abitava insieme all’altra terrorista Nadia Mantovani, sua compagna; e alla sinistra di Curcio, ecco il maresciallo maggiore dei carabinieri Giuseppe Nicastro del quale ieri giovedì 25 maggio sono stati celebrati i funerali nella chiesa di Maria Immacolata a Pieve Emanuele, dove risiedeva dal 1960, anno del suo arrivo a Milano dopo un viaggio notturno in treno dalla Puglia.

Nato a Milena (CL) in Sicilia, Nicastro, che si è spento per malattia in ospedale a 86 anni, aveva iniziato a lavorare sul Gargano occupandosi del reato più diffuso, cioè i furti di mucche tra i contadini.

Approdato per appunto in città, al termine di 4 anni nell’odierna Compagnia Duomo era stato chiamato al Nucleo investigativo dal futuro generale Carlo Alberto dalla Chiesa, di cui era notoria la rigorosa selezione del personale, che poggiava spesso un lungo periodo di discreta osservazione e di approfondito studio sulle qualità professionali e prima umane, dell’esaminando. Una volta al Nucleo, di cui è rimasto figura iconica, d’esempio e conforto per generazioni di carabinieri, Nicastro è stato su qualsiasi indagine. Comprese quelle relative all’eversione approdando per appunto all’individuazione del covo di Curcio, ai sopralluoghi, infine al blitz.

A Pieve Emanuele i funerali del maresciallo maggiore Giuseppe Nicastro tra i fondatori del Nucleo Investigativo di Milano e stretto collaboratore del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.

cara2Umile, pacato, silenzioso, generoso e stakanovista fino alla fine, i suoi colleghi lo conoscevano tutti come “il Cavaliere”, un titolo conquistato sul campo per la sua dedizione al lavoro.

Di rado, in contemporanea con la scomparsa di un collega, c’era stata una tale estesa emozione come nel caso di Giuseppe Nicastro, amato sia dalla truppa sia dai vertici (presente ai funerali il comandante provinciale di Milano, generale Iacopo Mannucci Benincasa).

Ai carabinieri, la famiglia ha ripetuto il personale ringraziamento per le plurime parole d’affetto, ma davvero, e per davvero siamo fuori retorica, questo maresciallo umile, dagli occhi magnetici, uno capace di farsi a piedi, scivolando e ammaccandosi, la tratta Pieve Emanuele-via Moscova nel giorno di una famosa nevicata, quando tutto era bloccato, pur di esser presente in orario in caserma, ha lasciato una traccia profonda, degli autentici solchi.

Con Nicastro va via un pezzo di storia dell’Arma e della lotta contro la criminalità, ma anche un testimone diretto dell’evoluzione di Milano e del comparto sicurezza. L’Arma oggi gli ha portato l’ultimo saluto attraverso l’abbraccio di tanti amici e colleghi, oltre a una rappresentanza del comando Interregionale e alla presenza del comandante provinciale di Milano, Iacopo Mannucci Benincasa.

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6/100“A Fiuredda prima du cimiteru”

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Robba Piddizzuna, Villaggio Vittorio Veneto, Milena (CL)
Dal 12 al 26 Ottobre del 1952 a Milena ci fu una Missione Religiosa a cura dei Padri Redentoristi.
Secondo la regola approvata da papa Benedetto XIV nel 1749, i redentoristi hanno quale missione la predicazione del Vangelo alle persone povere e a chi non è raggiunto dal messaggio religioso.
Alla fine di questa missione il popolo di Milena realizzò un’edicola votiva in ricordo della stessa; si legge, infatti, dalla lapide “Ricordo S. Missione, PP. Redentoristi 12 – 26 Ottobre 1952”.
All’interno della “fiuredda”, sull’altarino troviamo diverse immagini: il Crocifisso, un’icona della Madonna con Bambino ed angeli, San Giuseppe, Sacro Cuore e la Madonna Nera di Tindari.
Nella parte destra altre due immagini: nella prima San Biagio Vescovo e nella seconda La Morte di San Giuseppe. A sinistra, infine, è posto un quadro con la figura di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore.
Foto archivio storico Io Amo Milena “Paese delle Robbe” (Cartolina Ed. G. Cassenti)

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Ripubblichiamo un articolo tratto dai Ricordi di Nonna Melina sul tradizionale menu della “tavulata” di San Giuseppe. Riviviamo com’era nel Novecento.


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I “Vicchiariaddri” di San Giseppi

Melina Cassenti

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sangiseppiLa tradizione dei vecchierelli è molto antica.

Per una grazia invocata si faceva la promessa a S. Giuseppe di fare “la tavulata” il giorno 19 Marzo, festa del Santo.

I commensali venivano scelti fra i più poveri. La tavolata completa era di 13 invitati, ma il numero non era fisso, ma secondo la promessa  e le condizioni economiche.

Si apparecchiava la tavola grande. Di fronte ad essa un’altra tavola veniva preparata con il quadro di S. Giuseppe e due candele che durante il pranzo venivano accese. Vi erano disposti tanti pani quanti erano i vecchierelli, e finito il pranzo venivano dati loro da portare a casa.

Si chiamava “truscitedda” il tovagliolo ripiegato e annodato dopo avere messo il pane, un finocchio, dei ceci  tostati e un po’ di dolci.

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Era tradizione assegnare ad ogni vecchierello un nome e un ruolo: un ragazzo era Gesù bambino, una giovane era la Madonna, un vecchietto era S. Giuseppe e poi c’era anche S. Pietro, un adulto che mangiava più degli altri, a Lui veniva passato quello che per gli altri era superfluo.

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Il menù era il seguente:

  • Arancia a pezzettini come antipasto.
  • Minestra di riso.
  • Pasta condita con salsa di pomodoro.
  • Polpette di pane, formaggio e uova fritte e poi cotti nella salsa di pomodoro assieme alle patate.
  • Frittata di finocchi selvatici, frittata di broccoli e  baccalà.
  • Per dolci venivano serviti le “spingi” di pasta, la pignolata e le “minnulicchie” anch’esse di pasta all’uovo e tagliate in piccole dimensioni e fritte, e le cassatelle  con la ricotta.
  • Ceci tostati e finocchi a coste.

Allora si facevano anche i “i vicchiariaddri con la “truscitedda”.

Chi non poteva fare la tavolata per motivi di salute o economiche dava ai poverelli un pane, un’arancia, un finocchio, un po’ di ceci tostati, qualche dolce e un po’ di denaro.


PREGHIERA A SAN GIUSEPPE

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ppSan Giuseppe, tu che sempre ti sei fidato di Dio, e hai fatto le tue scelte guidato dalla sua Provvidenza, insegnaci a non contare tanto sui nostri progetti, ma sul suo disegno d’amore.

Tu che vieni dalle periferie, aiutaci a convertire il nostro sguardo e a preferire ciò che il mondo scarta e mette ai margini.

Conforta chi si sente solo e sostieni chi si impegna in silenzio, per difendere la vita e la dignità umana.

Buona Domenica. W S, Giuseppe!

Auguri a tutti i papà.

DVB P. PAOLINO SAIA

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L’indimenticabile dimenticata origine di Milocca

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Milocca - Milena Libera

L’ombrellino e i cappellini del ’38

Nonna M.

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images-6L’ombrellino.

Me l’aveva portato Papà da Roma, dove si era recato con alcuni suoi amici il 9/11/1938 per il raduno degli Ex-Combattenti della Guerra 1915-1918 per celebrare il Ventennale della Vittoria.

Era un ombrellino da sole arancione con disegnata la laguna e le gondole.

L’impugnatura era una testa di un cagnolino scolpita in osso. Quanto mi piaceva! Per tanti anni l’ho usato durante le estati. Non so dove sia andato a finire, ma ancora oggi lo rivedo nei minimi particolari.

E c’erano anche i cappellini.

Uno a larghe tese bianco con nastro colorato. L’altro a forma di basco di mainaio con un nodino blu sopra. Il basco grigio e il collo di pelliccia bianco, che alla fine della coda era nero.

Ricordo anche il vestito a righe orizzontali bianco e rosso che Papà m’aveva comprato a Palermo.

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La scomparsa di Carmelo Arnone, tra i primi milocchesi ad emigrare ad Aix-les-Bains

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caIl signor Carmelo Arnone (12/3/1923) lascia la Sicilia nel 1945 e, alla fine del suo avventuroso viaggio arriva nella nostra cittadina gemella: è stato tra i primi a scoprire Aix-les-Bains e a richiamarvi i familiari e altri compaesani ai quali ha fornito aiuto e assistenza.

E’ deceduto giovedì 2 febbraio. Tra qualche settimana avrebbe raggiunto il traguardo dei 100 anni.

Ha scritto un libro per lasciare i suoi ricordi in eredità alle future generazioni dal curioso titolo: “Loin de ma mule. A trois pattes” (Lontano dalla mia mula a tre zampe).

Il primo ad arrivare ad Aix-les-Bains fu il signor Salvatore Mendola seguito dalla moglie Antonina Schillaci, con loro inizia la diaspora da Milena ad Aix..

Fu Salvatore Mendola ad accogliere il compaesano Carmelo Arnone che fino a ieri era il più anziano immigrato vivente nella bella cittadina della Savoia.

Ecco come il signor Arnone racconta il momento del loro incontro:

Il signor Salvatore Mendola (che lavora nell’impresa Dumollard) è curvo a tagliare del legno.

  • Gli chiedo semplicemente: – Mendola?
  • Lui si raddrizza e mi dice: –  Di quale paese sei?
  • –Di Milocca (il vecchio nome di Milena)
  • –Qual è la tua famiglia?
  • –Sono figlio di Carmelo Arnone e di Carmela Messina.

Il signor Mendola ci chiede di aspettare la fine della mattinata e l’arrivo di sua moglie. Pranziamo insieme. Per ragioni personali, il signor Mendola e la sua famiglia stanno in Francia dal 1926, perfettamente adattati. Ci dà preziosi consigli: lottare contro la nostalgia della propria terra; qui gli inverni sono molto rigidi, soprattutto bisogna imparare la lingua francese. Prendiamo i suoi consigli molto seriamente perché sono frutto di vent’anni di esperienza.

Salvatore Mendola e Antonina (Nina) Schillaci sono da tempo morti. Chi oggi va al cimitero di Aix-les-Bains e passa davanti alla tomba dei coniugi Mendola-Schillaci sappia che questi due rappresentano i primi del lungo elenco di milocchesi immigrati nella cittadina con la quale siamo gemellati.

Le più sentite condoglianze ai familiari da parte della Redazione di Milocca/MilenaLibera

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Le nostre origini, le nostre case da non dimenticare…

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(altro…)

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Villaggio Crispi (Robba Mancariaddi) – Milena (CL)

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