Logan
flag of Japan
IMPRESSIONI
Dunque, come dare una vaga idea ai lettori di cosa vuol dire essere stati proiettati in Giappone per una decina di giorni e avere vissuto un’esperienza così diversa, piena e caleidoscopica?
Semplice, basta scegliere volontariamente di non riordinare le idee e procedere per punti casuali: libero brainstorming, free jazz emozionale e descrittivo per meglio rendere la confusione di dettagli che aleggia nella mia mente.
– Quattro voli (Canberra-Gold Coast, Gold Coast-Osaka e ritorno) all’equivalente di 400 euro, con JetStar, compagnia lowcost australiana posseduta dalla malfamata Qantas. Più o meno quanto spendevano i miei genitori, qualche anno fa, per un volo Milano-Fontanarossa in alta stagione, pieno dicembre, per andare a trovare i parenti a Natale.
– All’arrivo in Giappone l’impresa più ardua è capire quale linea della metro prendere per arrivare all’ostello nel centro di Osaka: la mappa della metropolitana è un labirinto di colori e scritte in giapponese, con linee curve che si intersecano a formare strane forme e improbabili intersezioni.
– Fortuna che c’è sempre l’impiegato dai guanti bianchi (proprio lui, quello che all’ora di punta ti pigia nel vagone della metro per fare spazio ad altri pendolari), l’elmetto in testa (chissà perchè) e l’impeccabile divisa blu che è pagato per inchinarsi al tuo passaggio davanti alla scala mobile. Non capisce un’acca di inglese, ovviamente, ma la sua servile gentilezza e il suo timido gesticolare di mani ti aiuteranno a trovare la via.
– Nessuno, in Giappone, parla inglese. Mi correggo, solo pochi e male. Una cultura isolazionista per secoli, ed una lingua diversa da tutte quelle del resto dell’Asia. Non importa che sia uno dei paesi del G8. Non ne vogliono sapere di imparare l’inglese. Ci provano, un pochino, ma I tentativi sono goffi. Non parliamo dell’italiano. Pertanto, la comunicazione procede come si faceva un tempo, subito dopo le glaciazioni: sorrisi, indicare di dita, indicazione manuale della quantità di cibo voluta (al ristorante)e inchini di ringraziamento. Ovviamente, non si ha la più pallida idea di cosa si è ordinato. Regressione infantile: si impara a scoprire il mondo nuovamente, assaggiando a caso nuovi sapori. Spesso fantastici, a volte rivoltanti.
– Il Giappone è carissimo (almeno paragonato all’australia). Per un cappuccino, ho pagato 8 euro. Non è colpa mia, ma dei miei geni italiani: ho avuto le voglie da donna incinta e non ho saputo resistere alla tentazione di un cappuccino all’italiana. In giappone.
Qualora vogliate prendere un taxi, abbandonate l’idea. Il tassametro sale vertiginosamente ad ogni metro, e se volete andare dall’aeroporto di Tokyo al “centro” città, arrivate a spendere comodamente 400 dollari (200 euro). Paghi i copri sedili in pizzo bianco e gli inchini malefici del tassista che ha tentato di intavolare con te una conversazione in giapponese. Non fraintendete, non ho fatto questo errore, per fortuna.
– Tornando al suddetto cappuccino: appena ordinato, il barista annuisce, tira fuori il limone e inizia a tagliarlo. Poi è la volta di zenzero e cannella. E del latte, per fortuna. La macchinetta del caffè non viene toccata per tutta la durata del rituale di preparazione. Mi volto, non voglio guardare. Mi viene servita, da lì a poco, una bevanda fantastica, ricca d’aromi d’oriente, piena e dolce. Ma ancora non oso chiedere cosa abbia bevuto.
– Esistono ancora le terme pubbliche, in orari defferenziati per maschi e femmine. Tradizione latina conservata nel paese del sol levante. La procedura è: svestirsi, farsi doccia calda e saponata, entrare nella vasca d’acqua bollente e rilassarsi. Io e il mio amico ovviamente abbiamo dimenticato la parte della insaponatura igienica, eccitati alla vista della pozza d’acqua calda, e vi siamo entrati direttamente, provocando commenti disgustati in giapponese, facce schifate e esodo di massa dalla piscinetta ormai contaminata.
– Non si può fumare fuori, camminando, ma si “deve” fumare dentro. Apparentemente, un bambino è stato ustionato in faccia da un mozzicone di sigaretta di un pendolare e pertanto l’imperatore ha istituito che si può fumare, all’esterno, solo in appositi stand di sicurezza. In ogni locale, però, la cappa di fumo è d’obbligo. Un mondo al contrario.
– I Giapponesi sono maniaci della pornografia
– Arrivati in Giappone, scatterete foto ad ogni cosa, come i Giapponesi in Italia.
– Il bullet train, Shinkansen, collega Osaka a Tokyo (500 km) in due ore. La freccia rossa? Cofferati e la Moratti? Mmhh….
– I water sono fantastici: ti siedi per espletare i tuoi solidi bisogni, completi l’operazione e, premendo un pulsante, azioni un getto d’acqua tiepida che ti massaggia il posteriore. Confortevole e rilassante. Ora disponibile in due modalità: uomo (fontanella potente) o donna (fontanella diffusa e massaggiante). Tali meraviglie sono in ogni dove.
– A Tokyo, 34 milioni di abitanti, la più grande megalopoli del mondo, migliaia di linee di metro, groviglio umano e cementizio, città di cui non vedi la fine, dove qualsiasi cosa può accadere e tutto puoi trovare, tutto è efficiente, tutto funziona e non ci sono cartacce per terra. A Napoli, 1 milione di abitanti…….
– Vi mancherà il cibo italiano. Ma dopo una settimana, sarete dipendenti da noodles, udon e sushi. Inesorabilmente, ed in maniera ossessiva.
Per concludere, il Giappone è un mix di tradizione e modernità. Immerso nei fantastici colori d’autunno, rosso e giallo, foglie che cadono e alberi di ciliegi quasi spogli. Ma per questo le parole non bastano: meglio dare un’occhiata alle fotografie scattate maniacalmente dal sottoscritto.
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