L’ospedale sanatoriale nisseno fu all’epoca tra le strutture più moderne e attrezzate d’Italia. Oggi il suo parco è al centro di polemiche per il taglio di alberi. Ecco come ottant’anni fa si inaugurava il “Dubini”.
Da “gioiello” a relitto
Walter Guttadauria
.
Al di là di tali polemiche e delle prese di posizione sull’argomento, che hanno riportato l’attenzione sul “Dubini”, cogliamo l’occasione per ricordare come giusto domani, 28 ottobre, ricorra l’80° anniversario della sua inaugurazione, quando tale opera veniva ad affiancarsi a quelle realizzate dal regime che proprio nella ricorrenza del 28 ottobre, data fatidica per il fascismo con la Marcia su Roma, procedeva, qui come in altre città, al loro pomposo “battesimo”.
Occasione, dunque, per ripercorrere velocemente le vicende che portarono alla costruzione del sanatorio nisseno, che all’epoca fu una struttura tre le più moderne e funzionali.
La sua nascita, così come quella delle strutture consorelle che contemporaneamente sorgevano in varie località italiane, va innanzitutto riportata al regio decreto legge del 27 ottobre 1927 n. 2055 che all’art. 1 disponeva “E’ obbligatoria l’assicurazione contro la tubercolosi per le persone di ambo i sessi…”, e al conseguente potenziamento operato dal regime delle relative strutture ospedaliere specialistiche, con uno stanziamento complessivo previsto di mezzo miliardo di lire del tempo. A sovrintendere a tali realizzazioni è la Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali, che nel 1933 avrebbe assunto la denominazione di Istituto Nazionale Fascista per la Previdenza Sociale.
Nel febbraio 1930 è pronto il progetto per l’edificazione dell’ospedale sanatoriale di Caltanissetta i cui lavori vengono avviati lo stesso anno, in un’area di quel grande polmone di verde che era stato il parco Testasecca. Nello stesso periodo risultano in costruzione, come detto, analoghe strutture in varie città italiane, da Vialba (quartiere di Milano) a Siracusa, da Imola a Imperia, da Galliera Veneta a Padova, da Sondrio a Pisa, da Gorizia a Genova, a Roma.
L’area interessata alla costruzione, scelta per la sua salubrità in contrada Babaurra, a ridosso della strada che dal capoluogo conduce a San Cataldo, si estende per una superficie complessiva di circa 45 mila metri quadrati su un terreno ceduto gratuitamente dal Consorzio provinciale antitubercolare.
I lavori, per un costo complessivo di quasi otto milioni di lire, sono affidati all’impresa romana dell’ing. Luigi Carnelli. A dirigerli è l’ingegnere nisseno Ernesto Amato, assistito dall’ing. Michele Giunta. Sono centinaia gli operai messi all’opera per la realizzazione dell’imponente fabbricato, che viene terminato nell’arco di poco più di due anni: risulta costituito di tre piani fuori terra oltre a un piano seminterrato, e copre una superficie di quasi 25 mila metri quadri; sono occorsi circa settemila metri quadri di solai in cemento armato, duemila metri quadri di intonaco e circa duecento tonnellate di ferro, i cui lavori sono stati in gran parte assunti dal nisseno Luigi Mancuso.
Completata dunque l’opera, si pensa alla sua inaugurazione secondo i consueti schemi coreografici voluti dal regime, e a sovrintendere ai preparativi vi è, tra gli altri, il direttore sanitario Carlo Zannelli, fino a quel momento in servizio presso l’ospedale sanatoriale per i tubercolotici “Benito Mussolini” di Porta Furba a Roma (poi Forlanini). Viene completata la sistemazione del parco annesso alla grande struttura, e a collaborare con il prof. Zannelli c’è Alfredo Assunto direttore della sede locale dell’Istituto Nazionale Fascista per la Previdenza Sociale.
Il 28 ottobre 1933, anno undicesimo dell’era fascista, è il giorno della solenne inaugurazione del nuovo ospedale sanatoriale, che segue di poco quella della consorella struttura di Siracusa. A Caltanissetta giungono per l’occasione Roberto Roberti in rappresentanza di Giuseppe Bottai presidente dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, il vice direttore generale Luigi Clerici, che si uniscono alle autorità locali con in testa il prefetto di Caltanissetta Massimiliano D’Andrea, il segretario federale, il console della milizia e altri esponenti fascisti, oltre ad altre personalità del campo sanitario, sociale e politico.
Ed ecco com’è strutturata a quel momento l’articolazione dei reparti. La chirurgia dispone di proprie infermerie, sale operatorie, di medicazione e di preparazione: vi sono inoltre i gabinetti radiologico, odontoiatrico, per pneumotorace e terapia fisica. Nei diversi piani sono distribuiti laboratori, sale di ritrovo, refettori, la cappella, gli alloggi per le suore di servizio, per le assistenti sanitarie e per gli infermieri, oltre agli uffici. Il reparto uomini occupa un’ala del grande fabbricato, mentre l’altra è destinata alle donne.
Il fabbricato ha la forma di una grande T e al suo interno comprende un sistema di corridoi longitudinali che si incrociano in un grande ottagono centrale, disimpegnando tutti i locali. Quelli di degenza degli ammalati sono situati al pianterreno e al primo piano nelle due ali ad ovest e ad est; nel corpo centrale e in quello posteriore a nord vi sono gli uffici per i servizi, a pianterreno i locali di portineria, sosta ammalati, uffici amministrativi, la direzione, il reparto visita e accettazione. Nel corpo trasversale nord sono invece situati gli antirefettori, i refettori e la cucina. Alla testa delle ali a sud est si trovano le stanze di isolamento per gli ammalati più gravi e altri locali di supporto. Sul retro si aprono le grandi verande che danno sul parco.
Insomma, l’ospedale sanatoriale nisseno – che sarà intitolato al medico milanese Angelo Dubini – è tra i più grandi fino a quel momento costruiti in Italia, e tra i più moderni e attrezzati: un vero e proprio “gioiello” della sanità locale, tanto da meritare nel 1937 la visita nientemeno che del Duce in persona che nell’agosto di quell’anno passa da Caltanissetta nel suo giro per le città dell’isola: nella foto che pubblichiamo in alto si vede infatti Mussolini, in divisa bianca, che percorre la lunga veranda del nosocomio dove sono allineati alcuni ricoverati.
A 80 anni di distanza dalla sua inaugurazione, dunque, quello che era il “gioiello” della sanità nissena è ridotto ormai a un relitto che non si salva dall’abbandono, e ora anche dalle polemiche.
Storia davvero interessante ma vorrei capire cosa siano quei casolari a parte all interno del parco. Si sa qualcosa?
"Mi piace""Mi piace"
[…] La triste fine del Dubini | Milocca – Milena Libera (wordpress.com) […]
"Mi piace""Mi piace"