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Archive for 19 giugno 2016

Carmelo Giangreco dal mulino alla trebbia

Nonna M.

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I fratelli Angilella originari di Serradifalco si trasferirono a Milena dove aprirono alcune attività commerciali: la fabbrica delle gassose, il mulino e il frantoio. Per occuparsi di questa vera e propria industria alimenatare chiamarono da Canicattì alcune persone qualificate; tra queste scelsero il capo-meccanico. 

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Lina Giangreco, Carmelo Giangreco, sua moglie Maria Puma con la sorella Lina,  Michele Fiamma, Giovanni Giangreco; la bambina Calogerina Giangreco. /Foto 1948

Il signor Carmelo Giangreco giunse a Milena nel 1928.

Due anni dopo sposò la signora Maria Puma ed ebbero numerosi figli, tra cui Lina con la quale diventammo buone amiche.

Gli davano uno stipendio di 5 lire al mese e alloggio gratis. Grazie al primo gruppo elettrogeno del paese posto nel mulino, la famiglia Giangrego fu la prima a Milena ad avere la luce elettrica.

Dal mulino veniva presa la corrente per illuminare il palco su cui si esibiva la banda musicale che veniva posto in piazza Garibaldi, come sta scritto nel libro del maresciallo Davide Gentile.

Carmelo Giangreco suonava la sirena ad inizio e fine della giornata lavorativa. In tempo di guerra quella sirena servì anche come allarme per gli attacchi aerei portati dagli alleati nel 1943.

trebbia giangrecoNon badò solo al mulino (dove lavorava come pastaio Ignazio Ganci che si aprì in seguito un negozio di alimentari all’inizio di via Rimembranza, e Giuseppe Catalano detto Giosi) ma anche alla prima trebbia di Milena.

La prima trebbia arrivò nel 1948.

Era collegata con una cinghia ad un trattore che chiamavano Tarzan proprio per la forza che mostrava. Il camioncino di servizio alla trebbia invece lo chiamavano Bomba per il rombo assordante che faceva!

Per gli addetti alla trebbia che lavoravano per l’intera stagione estiva era necessario mangiare bene: a ciò pensava il cuoco Pietro Ferrigno, zio del Giangreco, il quale era famoso per sapere preparare pasta al sugo con polpette o zuppa con patate, melenzane, cipolle e peperoni. Per combattere la sete si beveva acqua dalle quartare e anche un poco di vino conservato fresco nei bummuli.

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Umiliato ancora Enzo Tortora: sfregio al Senato!

di Roberta Catania

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enzo-tortoraL’ ex procuratore Piero Grasso, nella veste di presidente del Senato, ha valutato il caso di Enzo Tortora «scollegato da finalità istituzionali» e ha negato al comitato organizzativo un’ aula di Palazzo Madama per la presentazione di un libro sul presentatore televisivo vittima della magistratura.

La vicenda che 33 anni fa portò in carcere il presentatore di Portobello è stata ripercorsa in un volume “Lettere a Francesca” in cui la sua compagna dell’ epoca, Francesca Scopelliti, ha dato voce a Enzo, rendendo note 45 lettere che Tortora le scrisse dal carcere.

Missive «spietate», in cui il giornalista scriveva degli inquirenti: «Solo tre categorie di persone (ho scoperto) non rispondono dei loro crimini: i bambini, i pazzi e i magistrati». Dalle lettere viene fuori la rabbia per essere stato tradito dal suo Paese, dagli amici, dai colleghi: «Sto pensando di chiedere il cambio di cittadinanza. Questo Paese non è più il mio», e ancora: «Non mi parlare della Rai, della stampa, del giornalismo italiano. È merda pura».

images (10)I 33 anni dall’ arresto ricorrevano ieri e per allora era stata fissata la presentazione del libro Lettere a Francesca, ma Grasso ha negato il consenso. Eppure il suo via libera avrebbe dovuto essere un semplice proforma. «Tutti gli uffici mi avevano dato la disponibilità», racconta a Libero la Scopelliti, che aggiunge: «Sembrava cosa fatta, tanto che avevo già fatto preparare gli inviti con il logo del Senato. Oltretutto mi avevano concesso l’ aula a titolo gratuito per “l’ iniziativa meritevole”, ma all’ ultimo è arrivata la comunicazione del presidente Grasso che bloccava tutto».

La presentazione c’ è stata comunque, ma altrove: al Tempio di Adriano, nella centralissima piazza di Pietra, dove sono intervenuti – tra gli altri- Giuliano Ferrara e Emma Bonino.

CatturaLa vedova di Tortora non ha però rinunciato, con la stessa schiettezza dell’ ex compagno, a rispondere alla lettera con cui Gabriella Persi, la segretaria del presidente del Senato, informava del diniego di Grasso a offrire il palazzo istituzionale come teatro della presentazione.

«Il libro denuncia il nostro sistema penale», aveva quindi replicato la Scopelliti, «che abbisogna di una riforma non più rinviabile proprio perché non ci siano più innocenti in carcere, cosa che invece accade ancora. Così come denuncia il nostro sistema carcerario più volte e aspramente denunciato dall’ Europa perché non corrispondente ai parametri di civiltà e di rispetto dell’ uomo.

images (11)Il libro parla di un uomo che, a dispetto di chi lo voleva vittima, si è fatto protagonista di una nobile battaglia per la giustizia diventando così un grande leader politico, in Italia e in Europa.

Se tutti questi argomenti», ha concluso la donna, «non rispecchiano «le finalità istituzionali del Senato», allora mi deve spiegare quali sono e come giustifica tante altre iniziative che hanno invece ottenuto il «sigillo» senatoriale.

Naturalmente rispetto la decisione del Presidente del Senato ma – mi si perdonerà la franchezza – spero non sia stata dettata più dal suo passato di magistrato che dalla attuale veste di seconda carica istituzionale del Paese. Sarebbe un’ ulteriore ferita per Enzo Tortora. Una lesione per le nostre povere istituzioni. Un affronto».

A cose fatte, la Scopelliti ha scoperto che come ex segretario del Senato avrebbe avuto diritto a fare la presentazione a Palazzo Madama, ma «alla fine sono stata felice di essere stata accolta nel Tempio di Adriano, che fu un grande imperatore».

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La maledizione del weekend colpisce ancora per mano di Giunone, ciclone che porterà pioggia e temporali in molte regioni italiane.

La mia vignetta su ilMeteo.it dice tutto.

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www.robertomangosi.com

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Pagano: “Su petrolchimico Gela tutta l’incompetenza di Crocetta” 

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gela_64k_445174“Il grido di allarme del sindaco di Gela sulle sorti del petrolchimico non stupisce ed è pienamente condivisibile. Da due anni mi batto sul territorio, nell’aula del Parlamento e sui media per denunciare le falle di un progetto di riconversione degli stabilimenti, avallato dai vertici Eni e dai governi nazionali e regionali, i cui limiti stanno emergendo in tutta la sua gravità nella totale incompetenza del presidente Crocetta. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, con un drastica riduzione dell’indotto produttivo, ripercussioni sull’economia della zona e soprattutto sui posti di lavoro”.

E’ quanto dichiara il deputato nazionale Alessandro Pagano.

“Del resto io stesso ho avuto modo di sperimentare il modo di gestione della vertenza, quando – prosegue Pagano – nel corso del vertice conclusivo a Roma presso il Ministero dello sviluppo economico due anni fa, insieme alle parti sociali, mi fu impedito dall’allora ministro, come è noto espressione di Confindustria, da Crocetta e dall’allora sindaco di Gela di partecipare all’incontro mettendo di fatto a me e ai sindacati la ‘museruola’. Purtroppo, con questa classe dirigente non era difficile immaginare un simile scenario. Prima Crocetta se ne va a casa meglio è per i siciliani e i gelesi”.

Riforma province. PAGANO:  “Ritorno legge in ars è conferma di inettitudine”.

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SICILIA provinceCi siamo, è pronta! Anzi, no … Si cambia ancora. No, non è una barzelletta, ma l’ennesimo strafalcione di questo governo regionale guidato dal Presidente Rosario Crocetta. Incredibile ma vero, la legge sulle Province deve tornare a Palazzo d’Orleans. Mentre in Ars si aggiustava parte della legge, se ne rompeva un altro. In particolare, la norma è quella che riguarda i presidenti dei Liberi consorzi: governo regionale e Ars avevano infatti cancellato il passaggio che prevedeva l’impossibilità di candidarsi a presidente del Consorzio per quei sindaci il cui mandato scadeva prima dei 18 mesi dalla data prevista delle elezioni. Un limite che adesso governo e Ars dovranno reintrodurre.

Ma non è tutto. La legge sulle Province dovrà essere modificata anche in un altro punto: introducendo, cioè, la possibilità dell’elezione diretta del sindaco metropolitano. Una elezione da parte dei cittadini, quindi, che dovrà però necessariamente passare dall’adozione nello Statuto delle Città metropolitane delle norme per il suffragio universale. Appare evidente che siamo di fronte all’ennesimo fallimento di un progetto politico che purtroppo sconta l’assenza di una leadership capace a carismatica.

E’ normale chiedersi come mai il PD e le altre forze politiche continuano a sostenerlo. Non sono io a dirlo che la sua legislatura è fallimentare, ma è stato lui a metterci nelle condizioni di non poter pensare diversamente. E’ certo che, legato alla poltrona com’è, non si dimetterà affatto. Sta a noi che vogliamo il bene della Sicilia impedire che possa continuare a governare e fare della nostra Regione lo zimbello d’Italia

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Il “giovane” Matteo Renzi, dello smartphone, non può farne a meno. Mai.

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1466261723199.jpg--Mai senza smanettare sullo smartphone, neppure quando si trova a San Pietroburgo per il forum economico bilaterale Italia – Russia e ha al suo fianco Vladimir Putin.

Nel corso dell’evento principale, così come si vede in questa fotografia pubblicata da Dagospia, il premier continuava a compulsare il suo smartphone, scatenando l’ilarità di alcuni osservatori internazionali e, soprattutto, facendo storcere il naso allo zar Putin. Il presidente russo, infatti, lo osserva innervosito e perplesso.

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Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 9,18-24

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images (1)Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: «Chi sono io secondo la gente?».
Essi risposero: «Per alcuni Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto».
Allora domandò: «Ma voi chi dite che io sia?». Pietro, prendendo la parola, rispose: «Il Cristo di Dio».
Egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno.
«Il Figlio dell’uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno».
Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.
Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà».

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