Oggi 69º anniversario dell’incursione aerea degli alleati
LA PIOGGIA DI BOMBE CHE DISTRUSSE LA CITTA’
di Walter Guttadauria
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Sabato 9 luglio ricorre il 69° anniversario del primo bombardamento aereo della città, con la città che fino al 17 luglio 1943 fu a più riprese colpita dalle bombe delle fortezze volanti degli alleati che preparavano l’invasione dell’isola. Caltanissetta e i comuni della provincia pagavano, così, il pesante tributo di 751 vittime civili, delle quali 350 (di cui un terzo bambini) nel solo capoluogo, con migliaia di feriti.
L’inizio del 1943 vede una città che, come le altre, si dibatte tra problemi di sopravvivenza. La popolazione s’è abituata all’oscuramento serale, con la luce elettrica erogata a giorni alterni e solo per un paio d’ore, e le uniche lampade accese sono colorate di blu. C’è poi il razionamento alimentare, e si ricorre alle tessere annonarie distribuite dal Comune per avere le razioni dei generi di prima necessità. Per ogni razione si stacca un bollino, e altro non si può ottenere a meno che non ci si rivolga al mercato nero, fiorente in città. Anche l’acqua potabile scarseggia, ed i pozzi del circondario sono completamente a secco. Con l’arrivo della calura, e dei primi volantini con i quali gli alleati invitano la popolazione ad allontanarsi dagli obiettivi militari, molti sfollano per le campagne.
Quel 9 luglio 1943, alle 17,30, improvvisamente la guerra bussa forte a Caltanissetta. In cielo c’è uno spettacolo avvincente e terrorizzante al tempo stesso: ben 81 bombardieri compaiono, suddivisi in formazioni da 27 velivoli ciascuna. Molti hanno appena il tempo di alzare lo sguardo, increduli, prima di correre ai pochi rifugi antiaerei disponibili.
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E’ la prima ondata, la più terrificante , e sotto le bombe scompare buona parte della città. La zona del centro è la più colpita: i due corsi principali sono sconquassati, crolla il tetto della Cattedrale, di San Sebastiano resta in piedi la sola facciata. Anche la zona della “Badia” è colpita e delle case di via Vespri Siciliani non resta che un ammasso di macerie. La chiesa di S. Lucia scompare sotto le bombe, così come le case antistanti. Macerie anche alla “Provvidenza”, agli “Angeli”, crolla anche un’ala dell’ospedale, il municipio è colpito, così come la Banca d’Italia. Una bomba curiosamente cade dinanzi la statua di Umberto I al Collegio: fa un grosso buco ma non esplode, così come non esplodono fortunatamente tanti altri ordigni. Ma è lo stesso un bilancio tragico, con 350 morti e tantissimi feriti.
«Non c’erano difese, non c’erano rifugi. Uffici, qualche farmacia e un panificio per qualche giorno resistettero ai bombardamenti. Poi si fece il vuoto». Così avrebbe scritto, anni dopo, Nino Di Forti, l’ultimo federale di Caltanissetta, nominato appena due settimane prima dell’inizio delle incursioni. «La popolazione era fuggita nelle vicine campagne e in parte si era raccolta, attorno al prefetto e alle altre autorità, nella galleria vicina alla stazione ferroviaria. Accompagnato da Vincenzo Ayala, presidente provinciale della Cri, a piedi girai la città in lungo e in largo…». «Mi recai in ospedale. Era diventato un carnaio. Il chirurgo Papa ed altri volenterosi medici operavano e curavano feriti ed ammalati, tra scene inenarrabili».
Un’altra drammatica testimonianza è nel libro dello scomparso scrittore Attilio Colombo (“Il sandalo rotto”), che riporta i ricordi del comm. Giuseppe Costa, all’epoca funzionario delle ferrovie:
«…Nella villa Cordova scoppiavano 6 bombe aprendo grandi buche, schiantando alberi e uccidendo alcuni cittadini seduti all’ombra delle palme. In via Frattallone crollava un intero palazzo uccidendo nove persone… Tutta la via Cavour, sconvolta dal crollo di diversi palazzi, è interrotta dalle buche aperte dalle bombe. Il piazzale della stazione è ostruito da altre buche ed altri crolli. Il nuovo palazzo delle poste, l’isolato delle case Latragna in piazza S. Antonino, il teatro Regina Margherita, il municipio, la Cattedrale, il palazzo Cascino in piazza Garibaldi, il palazzo Correnti, le Case Morelli in via Gioberti, tutti gravemente danneggiati o crollati…».
Ancora bombardamenti nei giorni 11, 12 e 13 luglio: nei negozi sventrati c’è l’assalto degli immancabili sciacalli.
In questi giorni anche altri comuni pagano il loro tributo di morti sotto le bombe: vi sono 2 vittime ad Acquaviva, 9 a Butera, 3 a Campofranco, 12 a Delia, 136 a Gela, 51 a Mazzarino, 2 a Montedoro, 4 a Milena, 92 a Niscemi, 18 a Riesi, 10 a Resuttano, 13 a Sommatino, 6 a Serradifalco, 2 a Sutera, 16 a San Cataldo, 19 a Santa Caterina, 3 a Villalba e 3 a Vallelunga.
A Caltanissetta l’ultima ondata delle fortezze volanti arriva alle dieci del mattino del 17 luglio. La città è ormai “kaputt”, come dicono gli ultimi tedeschi in fuga assieme ai soldati italiani, pressati dall’avanzata degli alleati che si avvicinano da Serradifalco e dalla strada di Pietraperzia.
Domenica 18 luglio è la fine dell’incubo, con l’ingresso degli americani in città, tra manciate di caramelle, sigarette e cioccolato. Si fa festa ai “liberatori”, proprio quelli che hanno seminato la morte dal cielo fino al giorno avanti: assurdità della guerra.
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