Logan da Brisbane
Una finestra sul mondo, un’occasione per capire come il piccolo universo siculo è visto oltre i confini dello Stretto, e come esso può essere parte attiva nel Mondo – non solo una una sperduta isola all’ombra della civiltà.
WHO IS MISTER GATTO?
La mia avventura come italiano all’estero – e in particolare siciliano all’estero – è segnata, ogni giorno, dallo scontro con lo stereotipo e il luogo comune. L’esemplare italico è connotato come chiassoso, espansivo, passionale e dotato di un terribile e marcato accento che non vuole saperne di addolcirsi nella melliflua e liquida pronuncia anglosassone. Inoltre, pare che abitudine sia, nel bel paese, di “parlare con le mani”, agitando gli arti a mo’ di primati durante le conversazioni piu’ accese, accompagnando i gesti sconclusionati con eccessivo tono di voce e intemperanze di ogni sorta.
Ovviamente, pizza, spaghetti-“bolognaise”, mandolino (chi mai ne ha visto uno?) e “ciao.bella-come.stai-fanculo-ti.amo”. A tutto cio’, ultimamente, si aggiungono i nomi di certe griffes modaiole quali D&G, Prada, Gucci e chi più ne ha piu’ ne metta. Non vi dico se il sottoscritto, all’atto delle presentazioni, annuncia le proprie origini sicule. Le parole proferite piu’ di frequente, in tal caso, sono: “don corleone”, “mafia”, o “padrino”; spesso accompagnate da sguardi complici e movimenti delle mani di indubbia valenza.
L’altro giorno, parlando con un ragazzo australiano (Ash, 29 anni, studente di Melbourne, la citta’ col piu’ alto numero di italiani immigrati) ho avuto per un attimo la sensazione di parlare con un compatriota. Purtroppo. Descrivendomi il quartiere di Little Italy, che si snoda attorno Lygon Street, pieno centro, è saltato fuori il tema del “prima, col padrino in giro, si stava meglio. Poi alla polizia è saltato in mente di…”. Mi spiego. Questo, tradotto, il concetto espresso dalle sue parole: tale Mr. Gatto, Mick Gatto (allego link con articoli di giornale in inglese. E impariamolo, per carità!), gestiva il suo business “familiare” nel quartiere e tutti portavano rispetto. La strada era tranquilla. Nessuno osava commettere scippi, rapine o crimini, finchè lui girava per strada. Un giorno, però, le forze del male si sono coalizzate e hanno deciso di fare luce sul passato di Mick, e di chiarire la sua posizione davanti alla legge. Seguono processi, carcere, patteggiamenti, cauzioni. E il ritiro dalle scene del Padrino – che ora è, peraltro, una star televisiva di riconosciuta fama.
Oggi, in Little Italy, la sera è pericoloso andare in giro, le gang eseguono periodiche scorribande in motocicletta sui marciapiedi, spaventando gli autoctoni e derubando ingenui turisti. La tranquillità non abita piu’ quelle zone. Nessuno è più capace di dotare del concetto di “rispetto” le menti altrui. Si stava meglio quando si stava peggio, insomma.
Morale della favola: se la mentalità siciliana, grazie alla quale siamo condannati ad eterno biasimo e dannazione, alla perpetua immersione nel nostro mare di problemi, all’impossibilità di rialzare la testa per respirare – eccezion fatta per alcune anime grandi; se, infine, tale cancro, tale modo marcio di pensare è riuscito a penetrare anche la mente dell’Australiano medio, allora c’è qualcosa che non va. E se c’è qualcosa che non va, se non riusciamo a schiodarci di dosso lo stereotipo più becero, allora è solo colpa nostra, e dell’idea che trasmettiamo di noi quando varchiamo i confini del nostro (ormai) maleodorante stivale. Passi per il “pizza e babà”, ma non passi lo stereotipo legato al retaggio feudale mafioso a cui ancora siamo – purtroppo – ancorati. Agire su noi stessi è agire sull’immagine che di noi si ha all’estero. Come dicono qui, it’s food for thoughts. Pensiamoci.
Hi, Logan
PS guarda: http://www.theage.com.au/news/in-depth/the-master-networker/2007/10/07/1191695737655.html
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