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Archive for 13 giugno 2024

Le Gelsominaie di Milazzo

Rosamaria Mastroeni

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Tempo fa un servizio della RAI mi ha fatto ritornare bambina, quando la mia casa era in piena campagna ad Archi ( Sanfilippo del Mela-Messina), la mattina all’alba le donne partivano per andare nella vicina Piana di Milazzo per la raccolta i gelsomini ed al ritorno parlavano dell’inebriante profumo, allora ignoravo cosa ci fosse dietro… Le gelsominaie di Milazzo… Da qui la curiosità mi ha portato a capirne di più…
Ecco la storia
( web)
gel
A Milazzo si coltivavano i gelsomini fin dai primi anni del Novecento e questa attività costituiva una delle poche occasioni di lavoro per le donne del tempo.
Erano bambine e donne le gelsominaie più ricercate perché le loro dita piccole meglio sapevano cogliere questi fiori delicati .
Si lavora nei campi dalle due di notte fino all’alba, perché con la luce del sole i gelsomini diventano gialli e non possono più essere raccolti.
I gruppi erano formati da dieci donne che si riuniscono tutti i giorni alle 2,30 in piazza XXIV Maggio dove erano prelevate dai caporali e portate nei campi; mezz’ora dopo iniziava la raccolta e va avanti per ore, sempre al buio, la sola luce è data dalla luna .
Nel primo pomeriggio ritornavano nelle campagne per togliere le erbacce mentre gli uomini irrigavano la sera.
Indossavano grandi gonne lunghe, alcune più coraggiose i pantaloni e un grembiule; avevano solo un fazzoletto che usavano mettere in testa per ripararsi dalla rugiada, le più fortunate avevano gli stivali, altre gli zoccoli, ma, s’impigliavano nelle piante, quindi, i piedi nudi facilitavano il lavoro.
Le gelsominaie con i piedi nell’acqua, venivano molto spesso infettate dalla leishmaniosi, una malattia causata da protozoi parassiti appartenenti a oltre 20 specie di Leishmania.
Le persone si infettano attraverso le punture di flebotomi (o pappataci) femmine.che pungevano la pelle dei piedi nudi, determinando tumefazioni articolari, dermatiti, andature zoppicanti; a questo aggiungiamo, che stavano ore con la schiena piegata per guadagnare un pugno di lire.
Le madri erano costrette a portare i loro figli più piccoli, lasciandoli dormire nelle ceste, mentre le bambine erano coinvolte nella raccolta di fiori che dovevano essere delicatamente staccati uno per
uno e posti nella grande tasca del grembiule.
Dopo essere stati raccolti, erano messi tutti insiemi in grandi ceste, poi lavati, impacchettati e infine spediti all’estero per la produzione di profumi.
Essendo l’unica fonte di lavoro per le donne, esse sottostavano a una miserabile paga a peso, e non a ore.
Guadagnavano 25 lire per ogni chilo raccolto ( inoltre le bilance erano spesso truccate), equivalente a circa diecimila fiori di gelsomino.
La paga miserabile e le pessime condizioni di lavoro portarono le gelsominaie di Milazzo a fare il primo sciopero fatto da donne della storia siciliana.
Nell’agosto del 1946 scoppiò la rivolta delle lavoratrici della piana di Milazzo, guidata da Grazia Saporita, chiamata “la Bersagliera”, munita di un bastone, il giorno dello sciopero, all’alba bussò alle porte delle sue colleghe invitandole a seguirla, tutte ubbidirono perché si sentivano
protette da questa donna caparbia e autoritaria.
Durò ben nove giorni lo sciopero.
Le gelsominaie si interessarono anche al destino di altre lavoratrici sfruttate, le loro gesta si diffusero per tutta l’ isola, molte di loro conobbero la cella.
Ma queste donne continuarono a difendersi e a difendere, consapevoli di essere parte e rappresentanza di una categoria, e lo sciopero proseguì, si estese a macchia d’ olio e coinvolse le impiegate che si occupavano dei semenzai di Mazzarrà Sant’ Andrea, le cavatrici di agrumi di Barcellona di Sicilia, le incartatrici di Capo d’ Orlando, le salatrici di sarde di Sant’ Agata, le portatrici di argilla di Santo Stefano di Camastra, le raccoglitrici di olive dei monti Nebrodi e delle Madonie. Superò perfino lo Stretto, tracciando un’ inquietante mappa del lavoro nero femminile.
Vinsero la loro battaglia il prezzo riconosciuto fu portato a 50 lire al chilo, , in seguito, a 80-90 lire e, nel 1975, a 1050 lire e, inoltre, stivali in dotazione, che ne proteggessero i piedi dal terreno fangoso; grembiuli contro l’assalto degli insetti; cesoie per facilitare la raccolta e, soprattutto, un orario di lavoro più accettabile.
Rosaria raccolse gelsomini fino alla fine degli anni ’70 e andò in pensione in contemporanea con la fine della coltivazione dei gelsomini , sostituita dalla grande industria da prodotti sintetici.
Nel 2013, per eternarne la storia il Comune di Milazzo ha intitolato una strada a queste lottatrici e lavoratrici coraggiose.

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antCome l’ape

Sant’Antonio da Padova
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“O curioso, che ti affanni e che allarghi la tua attività in tante direzioni, va’, non dico dalla formica, ma dall’ape e apprendine la saggezza.
L’ape non si posa su tante specie di fiori.
Dal suo esempio impara a non dare ascolto a vari fiori di parole, ai vari libercoli; e non lasciare un fiore per passare a un altro come fanno gli schizzinosi che sempre sfogliano libri, criticano le prediche, soppesano le parole ma non arrivano mai alla vera scienza.
Tu invece raccogli da un libro ciò che ti serve e collocalo nell’alveare della tua memoria.”
Antonio di Padova (1195-1231), Sermoni

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