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Archive for 8 giugno 2024

E’ allarme nel Palermitano, nel Nisseno e nel Vallone. Crescono le truffe telefoniche dei falsi incidenti automobilistici di nipoti e figli

Alfonso Cipolla

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Nelle ultime 48 ore si segnala una maggiore attività dei truffatori degli anziani nonni in alcuni comuni  palermitani e, soprattutto, del Nisseno e del Vallone.

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Gli anziani ricevono una telefonata da parte di persone che si spacciano come carabinieri, poliziotti o avvocati. Comunicano che il loro nipote o figlio ha avuto un brutto incidente ed ha causato danno ad un’altra vettura.

Prospettano che pagando una certa cifra potranno evitare denunce e procedimenti penali. Sottolineano che però bisogna pagare subito, in contanti o anche con oggetti preziosi. Così il loro parente sottoposto a fermo giudiziario, verrà subito rilasciato.

La telefonata non s’interrompe e tiene continuamente l’anziano impegnato al telefono per evitare che possa chiamare un parente, un amico o addirittura le forze dell’ordine.

Nel frattempo un complice del truffatore raggiunge il domicilio dell’anziano e bussa alla porta spacciandosi per un agente in borghese o per un avvocato, Esibiscono falsi tesserini.

In alcuni casi, in mancanza del contante, si appropriano di oggetti d’oro o preziosi. A volte persino accompagnano l’anziano al bancomat. La cifra richiesta varia da 2 agli 8 mila euro.

La truffa riesce per l’amore che i nonni hanno verso i nipoti e figli, ma anche perché molti di loro non hanno più la memoria e la forza dei tempi migliori.

Cosa fare?

Prevenzione e informazione innanzi tutto. Ai nonni si deve ripetere fino alla noia di non credere alle telefonate che segnalano incidenti stradali dei loro nipoti o figli.

Devono chiudere al più presto possibile la telefonata. Poi avvertire i loro parenti prossimi o chiamare  direttamente il 112.

Solo così si può interrompere la truffa.

Se si chiama il 112 immediatamente le forze dell’ordine intervengono prontamente e diventa possibile rintracciare questi delinquenti che si approfittano dell’affetto degli anziani verso nipoti e figli.

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FATE CIRCOLARE QUESTO ARTICOLO

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ETICA E MORALE

Franco Coletti
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Pensavo stasera che se dico a uno “porco” per i suoi gusti sessuali esprimo un giudizio morale.
Se lo dico perché ha fatto soffrire qualcuno per cattiveria o interesse esprimo un giudizio etico, e c’è una bella differenza.
Qualcuno mi chiedeva la differenza tra le due cose.
385771911_722456249924070_96731146543416127_nEcco, io ritengo di essere molto etico e poco morale: l’ etica ha a che fare con i valori universali, con il bene e il male; la morale è molto soggettiva, perché riguarda le convenzioni sociali, la cultura e i tabù inerenti ad essa, e può variare tantissimo da paese a paese, da epoca storica ad epoca storica.
Uccidere, torturare, togliere la libertà a singoli e a popoli, sono atti contrari alla etica.
Mostrare le gambe, essere disinibiti, andare a letto con persone dello stesso sesso, per esempio, sono scelte personali di vita. Se non causano violenze e soprusi, rientrano nella morale di ognuno, non c’ entrano con l’ etica.
Quando la morale diventa pregiudizio, non è più nemmeno morale, ma moralismo, che è una brutta cosa.
Persone molto moraliste possono addirittura giustificare anche atti di violenza e di ingiustizia in nome della difesa di presunti valori, che sono solo imposizioni culturali.
Quando lapidavano le adultere, per esempio, o le prostitute, si compiva un omicidio, quindi un atto eticamente inconcepibile, in nome proprio di una determinata morale.
Gesù, che era profondamente etico ma non moralista, si sa come la pensasse in merito alla questione.
E questo dovrebbe chiarire bene tutto.
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Oggi si fa molta confusione tra etica e morale, al punto da non essere più né etici né morali, perché i valori stessi sono andati smarriti. O si usano strumentalmente, che è un gioco ancora più sporco.
Altrove mi è capitato di parlare del Bushido, il codice d onore dei Samurai.
È un buon esempio di etica profonda: non conta la vittoria, ma essersi battuti con onore, ovvero rettamente. Perdere esenti da macchia è preferibile a vincere in modo indegno.
Oggi se prendessimo in considerazione il mondo politico chi potrebbe definirsi etico?
Direi che siamo messi piuttosto male.

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La storia di Damareta figlia di Terone di Akragas e sposa di Gelone

 
a cura di Melina Palumbo
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Damareta (a cui è stata dedicata una via di Agrigento) visse nel quarto secolo a. C., nel periodo più glorioso della storia di Akragas quando vi regnava Terone, di cui era figlia.
Damareta fu sposa di Gelone e, dopo la sua morte, del cognato Polizelo.
La sua fama meritata di grande signora e di donna eccezionale non si deve solo al fatto che fu legata a uomini politici di grande statura ad Agrigento e Siracusa, ma anche alle sue capacita diplomatiche.
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Secondo gli studiosi, si deve a lei la celebre clausola con cui i siciliani imposero ai vinti cartaginesi la rinunzia ai sacrifici umani nei loro riti religiosi.Da allora si ebbe la cessazione dell’uso punico di immolare essere umani al dio Baal.
Per l’alto contributo dato da Damareta alla vittoria di Imera ed al trattato di pace, i siciliani le manifestarono la loro ammirazione donandole una corona d’oro dall’eccezionale peso di cento talenti. Damareta se ne servì per fare coniare una preziosa moneta d’oro del valore di dieci dramme ateniesi detta Damarateion.
Da sottolineare che dopo la sanguinosa sconfitta dei Cartaginesi, nella battaglia di Imera del 480 a. C., Damareta ha un ruolo fondamentale nelle trattative per la pace ottenendo, fra l’altro, che non si sacrificassero più bambini alle divinità.
Venticinque secoli di storia non hanno minimamente offuscato o smussato questa figura di donna, appassionata e saggia, sensibile e lungimirante, straordinariamente attuale per quanto riguarda le problematiche inerenti l’universo donna, quello dei bambini, il travaglio continuo dei popoli per la pace.
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Non era ancora il mese di Gamelione quando Terone il re, una sera che era odore di pioggia fin dentro le stanze, disse a Damareta: “Andrai sposa, figlia mia…”
Chi, io, padre mio?
Si, sei grande ormai. I tuoi fianchi sono robusti: possono generare una stirpe senza uguali.
Chi sarà il mio sposo, padre?
Sarà Gelone di Gela. Un grande alleato per Akragas. Una fortuna, questo matrimonio, per il nostro regno. Il popolo di Akragas e quello di Gela vivranno in pace…
Così sarà, figliola. Sarà il frutto di queste nozze.
Quando andrò sposa, mio re?
Prima che si concluda il mese di Gamelione. Sei contenta, Damareta?
Sia fatto come vostro desiderio, padre.
Ringrazia gli Dei, figlia. Gelone è un grande guerriero, un grande re, un grande uomo.
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Il corteo nuziale si mosse con i primi chiarori ad oriente: molte ore di strada lo separavano da Gela. Vi doveva giungere entro il primo pomeriggio. Era bella Damareta nel suo vestito color fiore di mandorlo. Un lungo velo le copriva la testa; una corona di fiori le cingeva la fronte. Gela l’attendeva. Era in festa. Nelle vicinanze della dimora di Gelone, scesi dai carri, i parenti di Terone che formavano il corteo accesero fiaccole mentre Dafni, che precedeva la principessa, recava tra le mani una ciotola ricolma di chicchi di frumento come segno di fedeltà.
Innanzi l’uscio di casa, l’attendeva la madre di Gelone con quei doni nuziali ch’erano simbolo di feconditá.
Sull’uscio era lui. Gelone le stava innanzi. Certo, non poteva essere che Gelone l’uomo che l’attendeva sulla soglia.
Mai avrebbe immaginato, Damareta, che un uomo simile agli Dei, come cantava la dolce Saffo, sarebbe stato il suo sposo. Sentiva come un forte mancamento avviarsi dall’ipogeo del proprio corpo.
Mai i propri occhi l’avevano tradita: aveva sempre visto il vero, quanto è visibile da tutti. Anche ora gli occhi erano veritieri? Perché era tanta la bellezza d’uomo che aveva di fronte, tanta che non riusciva a contenerla. S’incontravano gli occhi.
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Di stanza in stanza, Gelone la condusse al focolare domestico. Qui si riunivano i parenti piu ristretti. Gelone presentò Damareta ai numi tutelari dei dinomenidi. A loro, la principessa d’Akragas bella fece solenne promessa di fedeltá .
Così, il matrimonio veniva sancito. Così, Akragas e Gela si stringevano in alleanza.
Esplodeva, nelle stanze appositamente adibite, il banchetto nuziale. Lieto di canti e lieto di danze. Lieto di giochi. Fino a notte tarda. Era tempo per gli sposi di accomiatarsi dai parenti e raggiungere la stanza nuziale. Una donna, di nome Corinne, li accompagna fino alla porta. S’inchinò ad entrambi e si allontanò Dovevano varcare quella soglia da soli.
È tiepida l’acqua profumata di rose sulle spalle di Damareta.
Dafni la versa con gesti accurati da una brocca di terracotta mentre impalpabili vapori si sollevano dalla grande vasca posta in un angolo della stanza. Poi, la bionda ragazza sparge olio con essenze di zagara sulla schiena della regina.
Ricordo, mia Signora, le abluzioni che precedettero il vostro matrimonio.
Sembra ieri, tanto sono vive e presenti le immagini che ho conservate nella
mia mente.
E invece sono trascorsi quasi sei anni… Bella, Akragas mia.
Bella si. Le manca la valle, mia Regina, con i suoi mandorli?
La terra dove hai respirato la prima volta resta unica per sempre. Ma bisogna capire che le vere radici le abbiamo dentro di noi. Dovunque ci troviamo, quello è il luogo da vivere. La mia fanciullezza è stata meravigliosa ad Akragas.
La grande Dea benedica sempre il re Terone, vostro padre…
 

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Una metteva in moto, l’altra tirava l’aria

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Aprivi lo sportello. Ti sedevi. Poi per partire mettevi le mani sulle due leve poste subito dietro la leva del cambio sul tunnel tra i due sedili anteriori. 

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La leva destra si usava sempre per partire, altrimenti non si accendeva il motore. Comandava il motorino d’avviamento per mettere in moto non solo le ‘500, ma anche le 126 e le prime 127 prodotte dalla Fiat negli anni 60-70. 

La leva sinistra permetteva l’arricchimento aria-benzina e si usava solo per le partenze a freddo. 

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La cura per ogni cosa è l’acqua salata, sudore, lacrime o il mare. Karen Blixser

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La stazione di Capodichino è ispirata al leggendario Pozzo di San Patrizio di Orvieto: trasformerá il collegamento, tra il centro città e l’aeroporto, in un’esperienza straordinaria
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CAPODICHINO: L’ENNESIMA MAGIA DELLA METRO NAPOLETANA

Ettore Di Caterina
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Viaggiare nella metropolitana di Napoli significa immergersi nella storia. Ogni stazione racconta un’epoca diversa, dal neolitico alle tracce dell’età imperiale ai bizantini, fino all’età aragonese e oltre. Capodichino chiude il cerchio, collegando le epoche attraverso un moderno sistema di trasporto.
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Con un design che ricorda il celebre Pozzo di San Patrizio di Orvieto, la stazione è un cilindro profondo quasi 50 metri, circondato da scale elicoidali che conducono alla superficie. Il progetto integra inoltre innovazione e sostenibilità, riutilizzando oltre 200mila metri cubi di terre da scavo.
Dal fondo del pozzo, guardare la stazione in costruzione è come trovarsi nel cuore di un’elica gialla che corre verso il cielo
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Capodichino non è solo una stazione, ma un passo significativo verso il futuro della mobilità a Napoli. Una fusione di tecnologia, sostenibilità e cultura che trasformerá il viaggio quotidiano in un’esperienza straordinaria. L’inaugurazione é prevista per il 2026

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