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Archive for 24 giugno 2012

La Grande Guerra del soldato Cassenti/1

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Dall’America in Italia

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Lasciai Milocca in cerca di lavoro. Giunsi in piroscafo a New York dove provai qualche lavoro umile.

Poi fui chiamato a New Orleans da parenti di Sutera, gli Scibetta, e da amici di Milocca, tra questi Carlo Cannella, zio di Carlo il falegname, con cui strinsi amicizia. Poi un giorno Carlo sparì nel nulla e non se ne seppe più niente.

Nella metropoli della Louisiana c’erano razze di ogni colore e tanti italiani e una numerosa colonia di siciliani. Ci si riuniva di tanto in tanto, si faceva festa, ci si scambiava le esperienze, e ci si aiutava l’un l’altro.

Giovanni Cassenti con la bici e Carlo Cannella a New Orleans primi del ‘900

Feci il capo cameriere in uno dei migliori ristoranti dove il padrone mi aveva preso tanto a ben volere che una volta mi regalò il suo abbonamento a teatro e fu così che diventai appassionato della musica lirica che mi teneva legato all’Italia.

Quando fu chiamata alle armi la mia classe (1886), avevo vent’anni. Se fossi stato in patria, il mio obbligo sarebbe durato pochi mesi, il tempo dell’istruzione, perché unico figlio maschio e quindi ammesso, in quel tempo, all’esenzione dall’intera ferma militare per riconosciute necessità di famiglia.

Il precetto, pervenutomi dal distretto militare, mio padre me lo mandò in America, dove mi trovavo già da due anni. Con quel precetto mi presentai al consolato di New Orleans.

Fui sottoposto a visita e revisione e alla fine il Console, rilasciatomi il certificato che avevo ottemperato agli obblighi di legge, gentilmente, mi disse che potevo andare e stare tranquillo. Riteneva con certezza che la mia classe non sarebbe mai stata chiamata.

New Orleans 1900 – Canal Street

Perciò con la massima tranquillità continuai a svolgere la mia attività di capo cameriere in un ristorante frequentato dalla migliore società. Infatti non feci alcun servizio militare da permanente, né fui più cercato al rientro in Italia avvenuto a causa di malattia nel 1908, l’anno in cui il terremoto distrusse la città di Messina

Ma nel 1915 scoppiò la Grande Guerra. Io avevo quasi 32 anni e nientemeno vi erano ben 12 classi avanti la mia ad essere richiamate per il fronte. Però quel mese di maggio aveva allarmato tutti gli animi perché la chiamata alle armi si susseguiva di settimana in settimana.

E la ragione c’era, perché la nostra guerra contro l’Austria aveva un fronte che comprendeva tutto il versante Trentino, Dolomitico, le montagne del Carso e da qui fino a Trieste, tutte rocce montuose che richiedevano adeguate forze nei diversi passi e sbocchi.

Ci fu uno dei più grandi spiegamenti di forze che fino ad allora l’Italia aveva impiegato in tutte le sue guerre, con la chiamata di otto classi di leva.

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INUTILe E(s)SENZA

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Radio Maria, una giornata qualsiasi, un’ora qualsiasi: “è inutile recarsi nei luoghi sacri, si accumulano soltanto chilometri di asfalto; i viaggi religiosi non sono trofei da esibire, soprattutto se a questi non segue la conversione dell’anima, perché è l’anima che si ciba della fede e non il corpo, non l’apparenza, ma solo sostanza”.

Quanti di noi si procurano, ed alcuni perfino in maniera molto sciente, di costruirsi un’immagine da dare in pasto ai creduloni per potere apparire quello che non si è.

Il tema è vasto e gli esempi sono quasi infiniti, in ogni ambito, ma quelle parole “sentite” alla radio ci hanno fatto riflettere proprio riguardo il tema religioso, preso e considerato però solo come spunto e senza voler né indagare né approfondire sulle tematiche dell’animo e della religiosità.

Sottolineiamo, a scanso di facili equivoci, che non è nostro intendimento disquisire sulla religiosità dei veri credenti; qualche riflessione, invece, su chi approfitta di un costrutto artificioso per mostrarsi estremamente religioso, credente, osservante anche se alla fine, alla resa dei conti e con i fatti, dimostra di essere tutt’altro.

L’apparente religiosità, a volte estremizzata fino a rasentare i margini del fondamentalismo, è di una convenienza sconcertante poiché, soprattutto nell’ambito di alcune società e culture (quali la nostra) riesce ad imprimere nella fantasia e nella opinione popolare (praticamente di tutti) un alone di sacralità che difficilmente si potrebbe ottenere altrimenti. In pratica, conoscendo il “pubblico” che si ha dinanzi o le persone con le quali si vuole avere a che fare in un certo modo, ci si rende conto che adornarsi di un’aureola di religiosità, sebbene fittizia e ipocrita, riesce a far arrivare il messaggio di essere persona buona, affidabile, che mai contravverrebbe alle regole del vivere civile, che mai si sognerebbe di tradire i precetti del “buono”, che mai oserebbe rischiare di sbagliare e sovvertire i dettami della persona per bene.

Ecco allora che ci si mostra praticanti ed osservanti perfino, ma forse soprattutto, nelle forme esteriori (che poi sono quelle che risultano di maggiore impatto): si va sempre a messa, anzi si scelgono i luoghi di culto meno frequentati (tanto nei piccoli paesi prima o poi tutti sapranno), non si manca alle processioni (stando ben accorti a tenere un atteggiamento mesto e quasi contrito), si sta particolarmente attenti ad utilizzare termini e vocaboli della parlata che rientrino perfettamente nei canoni della buona creanza regolamentata, si cura il calendario degli inviti a cena per i preti in carica o ex carica della parrocchia, si platealizza, tenendola rigorosamente segreta, l’eventuale beneficienza, si sta bene accorti a frequentare pubblicamente persone degne del consenso popolare, non si manca l’accompagno all’ultima dimora, ci si prodiga per diffondere una immagine familiare degna del mulino bianco, addirittura il dress-code preferisce la sobrietà allo sfarzo, l’eleganza forzata al casual.

Non tutti naturalmente riescono a conciliare la “pulizia” con “l’igiene”, ma questo è un piccolo peccatuccio facilmente perdonabile … . In pratica, ed in sintesi, si cura l’immagine esteriore che deve apparire come la manifestazione di un animo puro e candido, incapace di fare del male e alla ricerca del bene altrui. Anche politicamente ci si schiera laddove il partito è popolare, ma non estremista, seguendo i dettami di nostro signore.

Di contro a queste manifestazioni, nell’intimità delle proprie stanze e per il raggiungimento dei propri interessi, ci si adopera in ben altro modo. Non di rado si cerca di sfruttare le amicizie e le conoscenze ottenute attraverso questi intrighi per riuscire a ricavare quanti più benefici possibili che riescano a soddisfare l’ingordigia economica e sociale e, allo stesso tempo, i vizi che, seppur occultati, permangono e caratterizzano l’intima essenza. Attraverso questa maschera si riesce quindi a portare a compimento il gioco della vita che, per questi “signori”, consiste nel prendere in giro il prossimo (evangelicamente inteso) e nel soddisfare i propri personalissimi ed egoistici bisogni.

Il danno provocato, nel momento in cui questi realmente riescano nel loro intento, è plurimo poiché oltre al male ricevuto si subisce anche la beffa di essere stati ingannati proprio da chi meno ci si aspetta.

Le parole “sentite” alla radio hanno del prodigioso, infatti ci aprono la mente verso nuovi pensieri, ci fanno oltrepassare i confini del possibile, ci catapultano nella realtà di cose, fatti e persone. Gli occhi della mente rivedono “alcuni” spostamenti religiosi che improvvisamente ci appaiono solo inutili chilometri da esibire al pubblico. Neanche l’ombra di una conversione sostanziale, non si intravedono cambiamenti epocali nelle anime di “fede”. Tutto avviene dietro il muro dell’apparenza, un muro che ha il potere di nascondere, ma non quello di celare per sempre o eliminare quanto di marcio c’è dietro.

La vigliaccheria di stare nascosti dietro il paravento, dai più ritenuto sacro ed inviolabile, per portare a termine i colpi scientificamente organizzati. La bassezza di stare occultati dietro la sacra religiosità, riesce a colpire soggetti indifesi indotti a credere nelle manifestazioni esteriori considerandole intime. Le parole, le azioni, i silenzi appaiono come il frutto ragionato di emozioni combattute; la proiezione indotta di saggezza dimostrerà invece strategie e tattiche figlie di molteplici esperienze ripetute. In genere, proprio perché vigliacchi, sfociano nella codardia non riuscendo neanche ad assumersi le proprie responsabilità e scaricando sulle debolezze altrui il soddisfacimento dei propri vizi.

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Fuori Birillo dal canile

Petizione per liberare il cane Birillo e tre famiglie lo vogliono «adottare»

C. L.

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Butera. Sta commuovendo il popolo di facebook la vicenda di Birillo, il cane amico di padre Aldo Contraffatto che qualche giorno fa è stato accalappiato in Piazza Dante e ricoverato nel rifugio canino Dog House di Leonforte.

Padre Aldo Contraffatto insieme al suo Birillo

Tanti i messaggi in favore di questo quadrupede affinchè venga liberato e gli si consenta di essere adottato da una famiglia che sia disponibile. E mentre su facebook impazza la protesta di quanti vorrebbero che quel cane tornasse in libertà, proprio ieri è stata messa a punto una petizione perché Birillo, questo il nome del cane, possa tornare legalmente a Butera.
Una petizione che è stata già firmata da quasi duecento persone che hanno voluto, in questo modo, sostenere la causa di un cane che era diventato amico di tutti in paese. La petizione, che si può firmare presso l’ufficio di Padre Aldo, parroco della Parrocchia Maria Ausiliatrice, è stata indirizzata al servizio veterinario dell’Asp 2, al sindaco Luigi Casisi e ad Enrico Rizzi, coordinatore nazionale del partito animalista europeo.
Nella petizione è stato chiesto il riconoscimento di Birillo come “cane di quartiere”, considerata la sua buona indole e il fatto che, prima che l’animale venisse accalappiato, erano proprio i cittadini a curarsene fornendogli il vitto necessario.
C’è comunque da dire che, nel frattempo, si sono anche fatte avanti tre famiglie che hanno manifestato l’intenzione di poter adottare Birillo e di poterlo pertanto togliere dal canile nel quale è andato a finire dopo essere stato accalappiato qualche giorni fa in Piazza Dante.

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Impegno di spesa per scuolabus

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L’amministrazione comunale, che ha affidato il servizio di manutenzione degli automezzi comunali alla ditta Abissi Salvatore e Mantione Carmelo s. n. c. di Milena, in considerazione del fatto che lo scuola bus necessita di manutenzione, ha contattato la ditta aggiudicataria della manutenzione degli automezzi comunali che, dopo un attento esame, ha fatto presente che lo scuola bus necessitava il cambio della turbina e dei relativi accessori per un impegno di spesa pari a 1000 euro che dovranno servire per l’acquisto del materiale, al fine di avere lo scuolabus efficiente e non interrompere il servizio di trasporto scolastico per la scuola materna.

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Un processo a puntate

Abuso mezzi di disciplina una maestra sotto processo

di v. p.)

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E’ proseguito, con l’audizione di alcune mamme di alunni della scuola elementare di Montedoro, il processo alla maestra Maria Chiparo (difesa dall’avv. Maria Vizzini), sotto processo per abuso dei mezzi di correzione e disciplina.

Secondo l’accusa la maestra avrebbe schiaffeggiato e offeso pesantemente una sua alunna – i cui genitori sono parte civile con l’avv. Davide Schillaci – nel corso del’anno scolastico 2009-2010.

Le testimoni, ascoltate ieri dal giudice monocratico Giuseppina Figliuola, hanno riferito di aver saputo che in un’occasione, a scuola, intervennero i Carabinieri, ma hanno affermato di non sapere nulla di violenze o maltrattamenti messi in atto dall’insegnante; nel corso di quell’anno scolastico la dirigente dell’istituto avviò dei provvedimenti disciplinari contro l’insegnante.

Nuova udienza ai primi di luglio per ascoltare altri testi citati dal pm Rosaria Fiorello.

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Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 1,57-66.80

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Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio.
I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei.
All’ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria.
Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni».
Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse.
Egli chiese una tavoletta, e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati.
In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose.
Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: «Che sarà mai questo bambino?» si dicevano. Davvero la mano del Signore stava con lui.
Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.

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