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Archive for 22 giugno 2012

NON PERDETEVI LA SORPRESA FINALE

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Viaggio in quartiere povero ma ecosostenibile alla periferia di Buenos Aires, dove le classi sociali si fondono controvoglia e si lavano con acqua scaldata senza elettricità

Politica ed energia solare: la perla più scura, la perla più rara

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C’è un luogo fra i tanti, a 37km da Buenos Aires, in cui è possibile sentire sulla propria pelle il vivido anelito di un paese che si affanna, con tutte le sue fibre, verso un futuro migliore. Si tratta del barrio La Perla, un vero e proprio laboratorio sociale fatto di ordinate strade polverose e case prefabbricate, che aspira a divenire il primo quartiere argentino energicamente sostenibile.

Entro il 2012, infatti, cento tra le povere famiglie che vivono in questo sobborgo potranno smettere di riscaldare l’acqua per la doccia nelle pentole in cucina, utilizzando piuttosto l’energia termica prodotta dai pannelli solari installati da una ONG locale, il Foro de Vivienda Social y Eficiencia Energética (FOVISEE).

Il barrio La Perla al sole. (foto: Brian Funk/PangeaNews)

Spuntato dal nulla alla periferia della già periferica Moreno nel 2009, La Perla è uno dei tanti insediamenti popolari ‘modulari’ apparsi in Argentina dal 2004  — da quando cioè il defunto presidente Nestor Kirchner lanciò l’ambizioso Plan Federal de Viviendas.

Il progetto contemplava la costruzione di almeno 120.000 unità abitative su tutto il territorio nazionale, destinate soprattutto al ricollocamento dei ceti sociali più poveri alloggiati nelle fatiscenti case di lamiera delle villas miserias.

Un programma grandioso. Un sogno filantropico da 3.9 miliardi di pesos e 360.000 posti di lavoro. Qui, tuttavia, è d’obbligo il luogo comune: ogni rosa ha le sue spine. Nel nostro caso, ogni Perla. “Questo quartiere è stato costruito senza tener conto dei più elementari criteri di efficienza energetica. Molte case non hanno l’allacciamento al gas e sono esposte ai raggi solari sul lato sbagliato”, spiega Ashley Valle, volontaria a tempo pieno per FOVISEE. “Le persone riscaldano ancora l’acqua per lavarsi attraverso pericolose stufette elettriche o nelle pentole, in cucina.”

Ashley e María Fernanda Miguel, ventottenne direttrice della ONG, vengono a Moreno ogni venerdì per monitorare l’avanzamento del loro Progetto 100. L’obiettivo, come dice il nome, è quello di installare pannelli solari per l’energia termica sui tetti di almeno 100 case del barrio e, al contempo, promuovere la qualità della vita in un quartiere fatto per lo più di famiglie che arrivano a guadagnare poche centinaia di pesos al mese.

Oltre a mostrare il funzionamento dei pannelli solari, di cui usufruiscono già 33 famiglie, Ashley e María Fernanda rivelano ai residenti del barrio alcuni piccoli trucchetti per risparmiare sulle bollette e vivere in maniera più salubre. “Insegniamo loro a prestare attenzione al consumo di acqua calda, a mettere tende o zanzariere alle finestre, ricordarsi di spegnere le luci e stendere i panni fuori casa, al sole, per evitare che ulteriore umidità impregni i muri delle loro già umide abitazioni. Sono accorgimenti che sembrano banali, ma il risultato è che una famiglia povera che ignora queste semplici oculatezze può spendere in bollette fino a 5-6 volte quello che spende un ricco abitante di Palermo [il quartiere chic di Buenos Aire, ndr],” dice Ashley.

L’ignoranza uccide quanto l’umidità. Non è raro, nel barrio La Perla, incontrare giovani mamme che portano i loro piccoli dal medico per via dell’ennesimo acciacco polmonare o di un asma che non se ne vuole andare. F.R., sedici anni, sorride mentre tiene per mano il suo figlioletto e confessa che vive un po’ meglio, da quando il FOVISEE ha accolto la domanda della sua famiglia per avere ha un pannello solare sopra la testa.

Ogni venerdì, le volontarie della ONG incontrano i residenti del barrio per controllare lo stato di avanzamento dell’eco-progetto alla scuola Nº 81, inaugurata nel marzo 2010 e finanziata ovviamente attraverso il Plan Nacional 700 Escuelas”. Sembra poco, ma questi piccoli incontri ‘ecologici’ settimanali – così come le simboliche elezioni di quartiere – giocano un ruolo fondamentale nella costruzione di uno spirito comunitario, soprattutto per una comunità che fino al 2009 era inesistente.

Le 1196 case modulari che compongono il barrio La Perla, uno o due piani, ospitano ad oggi 874 famiglie provenienti da diversi altri quartieri di Moreno. Lo scorso 20 marzo, altre 98 famiglie sono state selezionate dalla municipalità per raggiungere i fortunati che hanno potuto avere in sorte una casa migliore in questo quartiere di nuova costruzione.

Persone prima estranee, provenienti da realtà sociologiche ed economiche a volte radicalmente differenti, hanno dovuto imparare a vivere gomito a gomito. Tuttora, i tassisti che ti portano fino al barrio La Perla – e alla baraccopoli ad esso adiacente –  raccomandano di tenere gli occhi aperti.

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L’Imu va sospesa

LA MOZIONE DI TORREGROSSA

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«Impegnare la Regione a disporre un urgente e serrato confronto con il Governo nazionale affinché si vagli la possibilità di sospendere, con decorrenza immediata, l’applicazione della imposta IMU» è questo il senso di una mozione che l’On. Raimondo Torregrossa ha presentato alla Presidenza della Regione.

«La sospensione dell’Imu – afferma il deputato regionale – non è per niente qualcosa di irrealizzabile, anzi! Il Governo Monti, infatti, ha previsto la salvaguardia degli statuti speciali nell’applicazione della normativa. Lo Statuto speciale che contraddistingue la nostra Regione, quindi, potrebbe essere finalmente utilizzato per portare dei vantaggi ai siciliani, così come concepito nella mente della consulta regionale di cui il mio concittadino Sen. Giuseppe Alessi faceva parte. La cosiddetta “Salva Italia”, se non adeguatamente contrastata, – continua Torregrossa – colpirà migliaia di fabbricati in Sicilia con notevoli conseguenze per l’economia della Regione; se si considera, inoltre, che anche la «Corte Costituzionale ha “reso operante la clausola di salvaguardia degli statuti speciali” sembrerebbe più che plausibile la soppressione dell’imposta».

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Nuove dichiarazioni di Carrubba sull’acquisizione dell’impianto di bitume vicino Sutera

«Il pizzino a Binnu per farsi bello»

di Vincenzo Pane

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Impianto di bitume di Sutera

Il blitz lo hanno ribattezzato “Amicizia”, a indicare rapporti stretti tra le consorterie mafiose di Agrigento e Caltanissetta. Ed in questo caso erano i campofranchesi, uno dei gruppi più organizzati e pericolosi guidato da un personaggio come Angelo Schillaci che reggeva anche le sorti di Cosa Nostra in tutta la provincia, a tenere i contatti con un boss mafioso del calibro di Giuseppe Falsone. Entrambi sono stati raggiunti dall’ordinanza di custodia emessa dal gip Maria Carmela Giannazzo su richiesta della Procura, così come Alfredo Schillaci e Vincenzo Parello di Favara. Tutti e quattro erano già detenuti in carcere per altre vicende di mafia.

A delineare i contorni dell’alleanza fra nisseni e agrigentini e soprattutto a raccontare l’estorsione al consorzio “Gruppo Asfalti” – su cui hanno fatto luce la Procura e i Carabinieri del Ros – è il pentito Maurizio Carrubba, ex affiliato alla cosca mafiosa di Campofranco, che un anno fa ha deciso di saltare il fosso e di collaborare con la giustizia.

CARRUBBA

«PIZZO DA 20 MILA EURO E INCARICO PER LE FORNITURE».

Nell’interrogatorio che Carrubba sostiene il 20 giugno di un anno fa, davanti ai magistrati della Procura nissena, afferma: «Si dovevano prendere in affitto questo vecchio impianto della Sicom, vicino alla vecchia stazione di Sutera. Questo era già in mano ad un certo Aloisio (arrestato ed ora sotto processo per il blitz “Redde rationem”, n. d. r.). Me ne parlò Schillaci di tutto questo, prima che venissimo arrestati nel 2004, per questo impianto di bitume. Di questo affare se ne era interessato pure il Falsone. Schillaci mi diceva che Falsone gli doveva versare una somma di circa 20 mila euro e inoltre a Schillaci gli avrebbero messo a disposizione un camion… nel senso che lo facevano lavorare là».
Secondo gli inquirenti Schillaci, non solo avrebbe avuto una fetta dei proventi delle estorsioni, ma in tal modo l’azienda che gestiva assieme al fratello avrebbe anche ottenuto incarichi per forniture e trasporti di inerti. Carrubba e Angelo Schillaci vengono successivamente arrestati, ma Carrubba torna libero dopo pochi mesi e scopre che dell’affare si occupa Alfredo Schillaci, fratello di Angelo.

LA CONSEGNA DEI SOLDI.

Alla cosca mafiosa di Campofranco vennero pagati 13 mila euro rispetto alla cifra di 20 mila euro inizialmente fissata, ma successero anche degli inghippi, almeno secondo il racconto di Carubba. «Quando torno in libertà – racconta Carrubba – incontro Alfredo Schillaci e gli chiedo se si era fatto vivo qualcuno. Sapevo che Vincenzo Parello di Favara doveva portare dei soldi e Alfredo Schillaci però negava sempre. La cosa era strana perché Angelo Schillaci mi aveva fatto capire che la cosa era imminente. Poi incontrai Alfredo Schillaci con Parello all’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento e in quello stesso frangente Schillaci mi dice che gli ha portato dei soldi, non ricordo se 12 o 13 mila euro. Di questa somma mi diede circa 5 o 6 mila euro, non ricordo bene. Io avevo dei dubbi, perché non sapevo se questi soldi se li era rubati, comunque Schillaci e Parello mi dissero che i soldi erano arrivati. Falsone, per farsi bello, scrisse a Provenzano che aveva mandato i soldi a Campofranco per l’affare di questa ditta del bitume».

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