Diamo un anno sabbatico ai divi del pallone
di Domenico Tempio
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Anche i miti hanno le loro debolezze.
Che Buffon amasse scommettere non è una novità. Lo aveva fatto nel 2006, lo ha ripetuto ora. Tra tanti scandali politici, tra corvi che volano persino sul Vaticano, non potevano essere immuni i piccoli grandi «eroi» del mondo del calcio dove i milioni girano al di sopra di ogni decenza.
Se dal punto di vista giudiziario forse Buffon non è incriminabile, dal punto di vista sportivo lo è certamente. Ai tesserati della Figc dal 2005 è proibito scommettere sul calcio. Ciò dispiace per Buffon, un grande portiere, un calciatore che ha agito da uomo quando la sua Juve pagò con la retrocessione lo scandalo che coinvolse il direttore generale Moggi e decise di rimanere nella casa madre, a differenza di chi, vedi Cannavaro, fece le valigie verso altri ricchi lidi. Si dice che il portiere della nazionale stia pagando a livello di immagine il suo sfogo dell’altro giorno contro il metodo usato dai Pm. «Sembra strano – accusò Buffon – che le telecamere e i giornalisti siano arrivati a Coverciano prima della polizia». E forse ha ragione perché le scommesse del portierone juventino sono datate tra gennaio e settembre 2010. Cioè lo scandalo, se di scandalo si tratta, è di due anni addietro.
Ma non è questo che oggi ci interessa. E’ marginale la «malattia» scommettitrice di Buffon, rispetto allo scandalo del calcio scommesse. Anche se si inserisce in un contesto di un mondo, quello del calcio, che diventa sempre più squallido.
Se ha destato scalpore l’esternazione prettamente personale di Mario Monti, perché nel suo ruolo di presidente del Consiglio doveva forse avere l’accortezza di valutare l’effetto che la sua dichiarazione poteva avere, dobbiamo però riconoscere che qualcosa va fatto. Lo stesso sfogo del vicepresidente della Figc, Demetrio Albertini, «basta siamo stanchi, questo è uno stillicidio», fa capire che la situazione è ormai poco governabile. Certo, privare gli italiani delle partite non è cosa da niente, però se per un anno, ed ecco una nostra modesta proposta, togliessimo dal campo non il pallone ma quelli che lo prendono a calci a suon di milioni, e lo affidassimo ai piedi dei giovani che ogni società alleva con ottimi risultati, forse potremmo accontentare i tifosi che potrebbero gradire la novità, e lo stesso business, compresi televisioni e totocalcio. Cosa fare dei professionisti della palla? Un anno sabbatico può fare bene anche a loro. Li disintossicherebbe da questi veleni creati da molti loro colleghi. Non sappiamo se per i calciatori esiste una cassa integrazione, come accade per i comuni mortali, ma in ogni caso a loro garanzia hanno dei contratti che per un anno andrebbero senz’altro ridimensionati. Del resto quasi tutte le società, soprattutto le più grandi, sono in grave crisi economica. L’anno sabbatico potrà giovare pure a loro.
Una provocazione? Giudicatela come volete, però qualcosa occorre fare per uscire da uno stillicidio che sembra senza fine. La nostra società è ammorbata da tanti mali, se ci mettiamo ora anche il calcio, sarà ancor più difficile far capire alla gente come questo Paese potrà uscire dal tunnel in cui si è infilato.
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