A Catania la megafabbrica di pannelli solari: ecco quanto è grande, quando sarà pronta e quanti posti di lavoro creerà
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C’era una volta una bella piscina con grandi vetrate…
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E c’è sempre quella discarica di abiti usati accanto al defibrillatore!
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A Catania la megafabbrica di pannelli solari: ecco quanto è grande, quando sarà pronta e quanti posti di lavoro creerà
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La più grande grande fabbrica di pannelli solari d’Europa, con una capacità produttiva di 3GW all’anno utilizzando una tecnologia innovativa unica al mondo sorgerà a Catania entro il 2024.
Inizialmente i moduli fotovoltaici saranno sviluppati basandosi su una tecnologia ad “eterogiunzione” di silicio (HeteroJunction Technology, HJT) che presenta migliori prestazioni rispetto alle tecnologie convenzionali.
Il cantiere «3Sun gigafactory», la fabbrica di Enel che decuplicherà la sua capacità produttiva passando dai 200 Mw l’anno attuali a 3 Gw l’anno, è stato inaugurato dall’Ad di Enel Francesco Starace, dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, dal presidente della Regione Siciliana Renato Schifani e dalla direttrice generale della Direzione Energia della Commissione europea, Ditte Juul Jorgensen.
«3Sun gigafactory» svilupperà tecnologie via via più avanzate con l’obiettivo di aumentare la prestazione di oltre il 30% e competere così con la Cina. I lavori di ampliamento della gigafactory sono iniziati ad aprile 2022 e si prevede il completamento entro il 2024. L’investimento è stimato in circa 600 milioni di euro.
Il progetto, denominato «TANGO», iTaliAN Giga factOry, è rientrato tra le sette iniziative selezionate dalla Commissione Ue nell’ambito del primo bando dell’Innovation Fund dedicato ai grandi progetti, aggiudicandosi il finanziamento per un importo massimo di 118 milioni di euro; inoltre è stato presentato anche al bando per l’accesso ai fondi del Pnrr relativi a «Rinnovabili e batterie» con Contratto di Sviluppo gestito dall’attuale Ministero delle Imprese e Made in Italy. Questi due fondi potrebbero determinare un finanziamento complessivo del progetto fino ad un importo massimo di 188 milioni di euro.
Tra i benefici legati al progetto ci sono quelli occupazionali, con la creazione di nuovi posti di lavoro. Durante la cerimonia è stato annunciato che, a partire da oggi, sono aperte le selezioni per 550 assunzioni di diplomati che andranno a ricoprire posizioni tecnico-operative. Inoltre, nel 2022 sono stati assunti 50 laureati e sono già in corso le selezioni per ulteriori 100. Le nuove assunzioni andranno ad accrescere la squadra di 3Sun che oggi conta oltre 200 persone, per arrivare a un totale di circa 900. Oltre a far crescere l’occupazione diretta, la gigafactory porterà anche a raggiungere complessivamente mille posti di lavoro indiretti (inclusi gli attuali) entro il 2024.
«Le stime sulla crescita delle rinnovabili per i prossimi anni affermano chiaramente che per l’Italia e l’Europa è strategico investire per dare vita a una filiera produttiva interna, coniugando le esigenze di sicurezza e indipendenza energetica con quelle dell’economia, del lavoro e dell’ambiente – ha spiegato l’amministratore delegato e direttore generale di Enel, Francesco Starace -. Con 3Sun dimostriamo nei fatti che produrre in Italia, e quindi in Europa, pannelli fotovoltaici di ultima generazione in grado di competere sui mercati internazionali grazie a tecnologia innovativa è possibile. È da iniziative come questa che cresce il futuro dell’energia.
La tecnologia sviluppata in Sicilia può diventare qualcosa che riguarda il mondo. L’obiettivo è a 3GW all’anno con pannelli tra i più efficienti al mondo. Tanto per darvi un ordine di idee, questa fabbrica da sola produce più del totale prodotto dall’Europa in pannelli solari. Questo diventa di gran lunga il polo centrale nella produzione di pannelli solari a livello europeo. Una tecnologia fondamentale per nostro futuro energetico. Un futuro che gradualmente si affranca dalla schiavutù dei combustibili fossili. Dobbiamo cercare di spingere per dipendere sempre meno da combustibili fossili. L’Italia risponde bene alle energie rinnovabili: nel 2022 sono triplicati gli impianti installati nelle case e nelle fabbriche. Non è facile competere con i cinesi per i pannelli solari ma adesso possiamo fare un po’ a gara con i cinesi».
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IL CAVALLO DI BRONZO
di Luigi Capuana
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C’era una volta un Re e una Regina, che avevano una figliuola più bella della luna e del sole, e le volevano bene come alla pupilla degli occhi. Un giorno venne uno, e disse al Re: “Maestà, passavo pel bosco qui vicino, e incontrai l’Uomo selvaggio. Mi disse: «Vai dal Re, e digli che voglio la Reginotta per moglie. Se non l’avrò qui fra tre giorni, guai a lui!».”
Il Re, sentendo questo, fu molto costernato e radunò il Consiglio di corona: “Che cosa doveva fare? L’Uomo selvaggio era terribile: poteva devastare tutto il regno.” “Maestà,” disse uno dei ministri “cerchiamo una bella ragazza, vestiamola come la Reginotta e mandiamola lì:l’Uomo selvaggio sarà contento.”
Trovarono una ragazza bella come la Reginotta, le fecero indossare uno dei più ricchi abiti di lei, e la mandarono nel bosco. Dovea dire che lei era la figlia del Re. Il giorno appresso quella ragazza tornò indietro. “Che cosa è stato?” “Maestà, trovai l’Uomo selvaggio, e mi domandò: «Chi sei?». «Sono la Reginotta.» «Lasciami vedere.» Mi sbottonò la manica del braccio sinistro e urlò: «Non è vero! La Reginotta» dice «ha una voglia in quel braccio!» e mi ha rimandato. Se fra due giorni non avrà lì la sposa, guai a voi!”
Il Re non sapeva che cosa fare, e radunò di bel nuovo il Consiglio di corona: “L’Uomo selvaggio sa che la Reginotta ha una voglia nel braccio sinistro; è impossibile ingannarlo.” “Maestà,” disse il ministro “cerchiamo un’altra ragazza,chiamiamo un pittore che le dipinga una voglia simile a quella della Reginotta, vestiamola con uno dei suoi vestiti, e mandiamola lì. Questa volta l’Uomo selvaggio non avrà da ridire.” Trovarono un’altra bella ragazza, le fecero dipingere una voglia sul braccio, simile a quella della Reginotta, l’abbigliarono con uno dei più ricchi abiti di lei e la mandarono nel bosco. Doveva dire che lei era la figlia del Re.
Ma, il giorno appresso, quella ragazza tornò indietro. “Che cosa è stato?” “Maestà, trovai l’Uomo selvaggio e mi domandò: «Chi sei?». «Sono la Reginotta.» «Lasciami vedere.» Mi osservò tra i capelli e urlò: «Non è vero! La Reginotta» dice «ha tre capelli bianchi sulla nuca». Se domani la sposa non sarà lì, guai a voi.”
Il povero Re e la povera Regina avrebbero battuto il capo nel muro. “Dunque dovean buttare quella gioia di figliuola in braccio all’Uomo selvaggio?” “Maestà,” dissero i ministri “facciamo un ultimo tentativo. Cerchiamo un’ altra ragazza. Il pittore le dipingerà la voglia sul braccio, le tingerà di bianco tre capelli sulla nuca; poi le metteremo indosso uno dei vestiti della Reginotta e la manderemo lì. Questa volta l’Uomo selvaggio non avrà più da ridire.”
Ma il giorno appresso ecco quella ragazza che torna indietro anch’essa. “Che cosa è stato?” “Maestà, trovai l’Uomo selvaggio e mi domandò: «Chi sei?». «Sono la Reginotta.» «Lasciami vedere.» Mi osservò il braccio sinistro: «Va bene!». Mi osservò tra i capelli, sulla nuca: «Va bene!». Poi prese un paio di scarpine ricamate e mi ordinò: «Calza queste qui». E siccome i miei piedi non c’entravano, urlò: «Non è vero!». E mi ha rimandato dicendo: «Guai! Guai!».”
Allora i ministri: “Maestà, ora succede certamente un disastro! Per la salvezza del regno, bisogna sacrificare la Reginotta!”.Il Re non sapeva rassegnarsi: avrebbe dato anche il sangue delle sue vene invece della figliuola! Ma il destino voleva così, e bisognava piegare il capo. La Reginotta si mostrava più coraggiosa di tutti: infine l’Uomo selvaggio non l’avrebbe mangiata! Indossò l’abito da sposa, e accompagnata dal Re, dalla Regina, dalla corte e da un popolo immenso, tra pianti ed urli strazianti, s’avviò verso il bosco. Arrivata lì, abbracciò il Re e la Regina confortandoli che sarebbe tornata a vederli, e sparì tra gli alberi e le macchie folte. Non si seppe più nuova di lei né dell’Uomo selvaggio.
Passato un anno, un mese e un giorno, arriva a corte un forestiero, che chiede di parlare col Re. Era un nanetto alto due spanne, gobbo e sbilenco, con un naso che pareva un becco di barbagianni e certi occhietti piccini piccini. Il Re non aveva voglia di ridere; ma come vide quello sgorbio non seppe frenarsi. “Che cosa voleva?”
“Maestà,” disse il Nano “vengo a farvi una proposta. Se mi darete mezzo regno e la Reginotta per moglie, io andrò a liberarla dalle mani dell’Uomo selvaggio.” “Magari!” rispose il Re. “Non mezzo, caro amico, ma ti darei il regno intiero.” “Parola di Re non si ritira.” “Parola di Re!” Il Nano partì.
E non era trascorsa una settimana, che il Re riceveva un avviso: «Domani, allo spuntar del sole, si trovasse presso il bosco, colla Regina, con la corte e con tutto il popolo, per far festa alla sua figliuola, che ritornava!». Il Re e la Regina non osavano credere: dubitavano che quello sgorbio si facesse beffa di loro: pure andarono.
E allo spuntar del sole, ecco il Nanetto gobbo e sbilenco, che conduceva per mano la Reginotta vestita da sposa, come quando era entrata nel bosco per l’Uomo selvaggio. Figuriamoci che allegrezza! Le feste e i banchetti non ebbero a finir più. Ma di nozze non se ne parlava, e della metà del regno nemmeno.
Il Re, ora che aveva lì la figliuola, e che l’Uomo selvaggio era stato ucciso dal Nano, non intendeva più saperne di mantener la sua parola. Il Nano, di quando in quando, gli domandava: “Maestà, e le mie nozze?” Ma quello cambiava discorso: da quell’orecchio non ci sentiva. “Maestà, e la mia metà del regno?” Ma quello cambiava discorso: da quell’altro non ci sentiva neppure.
“Bella parola di Re!” gli disse il Nano una volta. “Ah, nanaccio impertinente!” E il Re gli tirò un calcio alla schiena, che lo fece saltare dalla finestra. “Doveva esser morto!” Andarono a vedere in istrada; ma il Nano non c’era più. Si era rizzato di terra, si era ripulito il vestitino, ed era andato via, lesto lesto, come se nulla fosse stato. “Buon viaggio!” disse il Re tutto contento.
Ma la Reginotta, da quel giorno in poi, diventò di malumore; non diceva una parola, non rideva più, andava perdendo il colorito. “Che cosa ti senti, figliuola mia?” “Maestà, non mi sento nulla; ma… chi dà la sua parola la dovrebbe mantenere.” “Come? Lei dunque voleva quel Nano gobbo e sbilenco?” “Non intendevo dir questo; ma… chi dà la sua parola la dovrebbe mantenere.”
Anche la Regina non viveva tranquilla: “Quel Nano era potente: aveva vinto l’Uomo selvaggio; doveva tramare qualche brutta vendetta!” Il Re rispondeva con una spallucciata: “Se quello sgorbio gli veniva un’altra volta dinanzi!” Ma la Reginotta ripeteva: “Chi dà la sua parola, la dovrebbe mantenere!”
Intanto essendosi sparsa la notizia che la Reginotta era stata liberata dalle mani dell’Uomo selvaggio, il Reuccio del Portogallo mandò a domandarla per moglie. La Reginotta non disse né di sì, né di no; ma il Re e la Regina non vedevano l’ora di celebrare le nozze.
Il Reuccio di Portogallo si mise in viaggio, e per via incontrò un uomo, che conduceva un gran carro con su un cavallo di bronzo, che pareva proprio vivo. “O quell’uomo, dove lo portate cotesto cavallo di bronzo?” “Lo porto a vendere.” Il Reuccio lo comprò e ne fece un regalo a suo suocero. Il giorno delle nozze era vicino. La gente accorreva in folla nel giardino del Re, dove il cavallo di bronzo era stato collocato su un magnifico piedistallo. Restarono tutti meravigliati: “Par proprio vivo! Par di sentirlo nitrire!”
Scese a vederlo anche il Re con la corte; e tutti: “Par proprio vivo! Par di sentirlo nitrire!” Solo la Reginotta non diceva nulla. Il Reuccio, stupito, le domandò: “Reginotta, non vi piace?” “Mi piace tanto,” rispose lei “che sento una gran voglia di cavalcarlo.” Fecero portare una scala, e la Reginotta montò sul cavallo di bronzo. Gli tastava il ciuffo, gli accarezzava il collo, lo spronava leggermente col tacco; e intanto diceva scherzando:
“Cavallo, mio cavallo,
Salta dal piedistallo;
Non metter piede in fallo,
Cavallo, mio cavallo.”
Non ebbe finito di dir così, che il cavallo di bronzo si scosse, agitò la criniera, dette fuori un nitrito, e via con un salto per l’aria. In un batter d’occhio cavallo e Reginotta non si videro più. Tutti erano atterriti; non osavano fiatare. Ma in mezzo a quel silenzio scoppia a un tratto una risatina, una risatina di canzonatura! “Ah! Ah! Ah!”
Il Re guardò, e vide il Nano che si contorceva dalle risa con quella sua gobbetta e quelle sue gambine sbilenche. Capì subito che quel cavallo fatato era opera del Nano. “Ah! Nano, nanuccio” gli disse pentito; “se tu mi rendi la mia figliuola, essa sarà tua sposa, con mezzo regno per dote.” Il Nano continuava a contorcersi dalle risa: “Ah! Ah! Ah!” E a vedergli fare a quel modo, tutta quella gente ch’era lì, cominciarono a ridere anch’essi, e poi perfino la Regina: “Ah! Ah! Ah!”
Si tenevano i fianchi, non ne potevano più. Soltanto quel povero Re rimase così afflitto e scornato, che faceva pietà. “Ah! Nano, nanino bello; se tu mi rendi la mia figliuola, essa sarà tua sposa con mezzo regno per dote.” “Maestà, se dite per davvero,” rispose il Nano “prima dovete riprendervi quel che mi deste l’altra volta.” “Che cosa ti diedi?” “Un bel calcio nella schiena.”
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Miccichè a Schifani: “Lei è Bruto, io sono Giulio Cesare”. La replica degli azzurri: “Ridicolo”.
PALERMO –
Gianfranco Miccichè in aula si toglie qualche sassolino dalla scarpa: “Il presidente Schifani io lo detesto perché mi sono sentito tradito, ma alla Sicilia questo non interessa e io penso solo e soltanto al bene della Sicilia quindi spero che questo governo prosegua il suo cammino”, dice.
E aggiunge: “Però una cosa la posso dire: Bruto sarà sempre lei presidente, io sono Giulio Cesare”.
Non si lascia attendere la replica della pattuglia azzurra: “In una seduta d’Aula dedicata ad affrontare e risolvere i problemi della SICILIA e in un importante clima di dialogo e costruttivo confronto fra tutte le parti politiche, l’unica nota stonata viene ancora una volta dall’onorevole Micciché che non sa più come cercare la ribalta e, purtroppo per lui, lo fa sempre più oltrepassando i limiti della volgarità e scadendo nel ridicolo”, rispondono i deputati di Forza Italia all’Ars commentano le parole di Micciché.
“E’ incomprensibile l’atteggiamento del gruppo degli ex colleghi del presidente Miccichè di fronte ad un intervento assolutamente distensivo e a favore del governo. Speriamo almeno sia concessa una battuta per esprimere il proprio rancore verso tutto quello che è successo negli ultimi mesi. I deputati di Schifani lavorino piuttosto per cercare una ricomposizione anziché peggiorare le cose. Le volgarità Miccichè le ha subite!”. Questa la nota stampa dei componenti lo staff del presidente Miccichè.
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