Omicidio a Favara, medico ucciso a colpi di pistola nel suo studio
LiveSicilia
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FAVARA – Gli investigatori non hanno dubbi: è stato un omicidio premeditato. Adriano Vetro, 47 anni, è sceso da casa armato per uccidere Gaetano Alaimo, che di anni ne aveva 65. Ha esploso un solo colpo di pistola alle spalle del cardiologo da distanza ravvicinata. Il bidello incensurato è diventato così un assassino.
Il movente è da chiarire, ma c’erano stati dei forti contrasti fra il medico, molto noto in città e non solo, e il paziente che non condivideva la diagnosi di scompenso cardiaco. Probabilmente temeva di non ottenere il rinnovo della patente. Pochi giorni fa avevano litigato. Pare che Vetro fosse addirittura disponibile a farsi operare pur di risolvere i problemi. Voci che circolano a Favara, ma ancora non confermate. Quelle sui contrasti per la diagnosi e le cure, invece sì.
Così Vetro si è armato ed ha fatto fuoco nell’ambulatorio di via Giovanni Bassanesi. Non c’erano altri pazienti in un studio, solitamente affollato, dove si fa rieducazione cardiologica in convenzione con il servizio sanitario nazionale. C’erano, però, un’altra dottoressa, un infermiere e un segretario. Sono stati loro a indicare il nome di Vetro, in cura da anni presso il poliambulatorio.
I carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale, guidato dal colonnello Vittorio Stingo, sono andati a cercarlo a casa dove si era rifugiato dopo il delitto. Aveva ancora la pistola in pugno, con il colpo in canna. Si è arreso subito ai militari. Quindi è stato interrogato dal procuratore facente funzioni Salvatore Vella e dalla sostituta Elenia Marino. Avrebbe detto di avere trovato l’arma ieri in campagna. Una versione bollata come inverosimile. Ora è in stato di fermo in attesa della convalida del giudice per le indagini preliminari.
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Una fine che Gaetano Alaimo non meritava
Alfonso Cipolla
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Gaetano Alaimo per i milenesi, per tanto tempo era “il cardiologo” per eccellenza. Erano in tanti a frequentare il suo studio. Era convenzionato con “la mutua” e sempre disponibile.
Gaetano era mio collega, ma soprattutto amico. Lavorava dalla mattina alla sera, senza risparmiarsi. Quando affettuosamente lo rimproveravo, mi rispondeva che per lui il lavoro era tutto e che voleva ingrandirsi e creare un centro multi specialistico. Ci riuscì.
Alaimo era una persona seria, un cardiologo preparato e coscienzioso. Quando non ci vedeva chiaro, non faceva di testa sua ma si appoggiava alla cardiologia del San Giovanni di Dio e nei casi più delicati contattava direttamente i nosocomi di Palermo dimostrando di tenere tantissimo alla salute del paziente.
Ci sentivamo spesso per telefono e, quando gli sollecitavo una visita, cercava sempre di inserire il paziente nella lunga lista di attesa. Io non ho che ricordi buoni di Gaetano, la cui vita è stata troncata dalla mano violenta di un suo paziente. Mi spiace tanto che sia finita così e sono vicino ai suoi familiari. Credo che tutti i milenesi che ha curato nutrano gli stessi sentimenti e sentano la stessa amarezza.
Voglio ricordarlo e onorare la sua memoria raccontando un episodio che lo vide protagonista una trentina di anni fa e che mai più ho dimenticato.
C’era un paziente molto anziano non trasportabile che aveva avuto una crisi cardiaca. Era rimasto vedovo e lo assisteva con amore la figlia, mentre il figlio lavorava fuori dalla Sicilia. Dei cardiologi vicini non ne trovavamo uno disponibile prontamente, così pensai di chiamare Alaimo pur sapendo che era già allora tanto impegnato. Gli chiesi anche di potere venire anche a tarda sera e gli dissi che ero pronto ad andarlo a prendere a Favara.
Dal consulto telefonico capì che si trattava di una cosa seria e mi disse vedrò se posso disimpegnarmi. Era metà mattinata. Alle 15 mi chiamò al telefono dicendomi sono arrivato a Milena, sono in piazza. Andai a prenderlo e insieme ci recammo dall’anziano sofferente. Lo visitò, concordò la terapia, prescrisse gli esami di laboratorio. Al momento di ritornare a Favara dove lo aspettavano già molti pazienti, alla figlia che gli chiedeva il disturbo per saldargli l’onorario, Gaetano Alaimo le rispose niente, sono venuto perché mi ha chiamato Alfonso. Salutò e andò via dal villaggio, lasciando la figlia e il vecchietto meravigliati, grati e contenti. Il fatto insolito colpì anche me, anche perché nessun legame di parentela mi legava a quella famiglia. Non lo ho mai più dimenticato.
E oggi voglio ricordare così l’amico mio Gaetano.