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Archive for 25 luglio 2021

giovanni cassenti

Giovanni Cassenti

Pubblico un racconto scritto dal cav. Giovanni Cassenti che riguarda una vicenda realmente accaduta nella prima metà del Novecento, dal finale incerto, come si intuisce dal titolo stesso: “Fatto che fu, dubbi che rimasero”.

Giovanni Cassenti (1886-1976) fu un credibile testimone del suo tempo. Profondo conoscitore di uomini e cose, ci ha lasciato molti scritti e poesie che costituiscono un’attendibile ricostruzione  storica di alcuni eventi a cavallo dei due secoli.

“Fatto che fu, dubbi che rimasero” è la storia nient’affatto romanzata delle bande che imperversarono nel nisseno e, in particolare della famiglia milocchese soprannominata “Filuviu” contro la quale, alla stregua de “I Malavoglia” di Verga, si accanì una tragica sorte.

Il fatto l’ebbi anche raccontato da mio nonno con i particolari raccapriccianti dello sterminio delle bandi rivali, che ometto nel rispetto della sua volontà.

Alfonso Cipolla


Fatto che fu, dubbi che rimasero

di Giovanni Cassenti

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Capitolo I

scFu l’ultima domenica di luglio che corse insistente la voce che a Peppi Filuviu era successo una qualcosa brutta. Fu trovato morto ammazzato su una trazzera che porta dal feudo Rabbione a Serradifalco. Erano le nove di mattina e nella vicina Campofranco la gente festeggiava il patrono San Calogero.

La storia di Giuseppe Filuviu s’intreccia con quella della sua famiglia.

Suo padre era un forestiero che verso la fine del 1800 si trasferì a Milocca perché aveva conosciuto e sposato una donna milocchese. Lei casalinga, lui agricoltore si volevano un gran bene e leali nell’affetto, misero al mondo cinque figli, quattro maschi e una femmina.

Stavano bene perché erano proprietari di oltre 5 ettari di terreni e avevano in mezzadria un’altra decina di ettari per cui si vantavano di mangiare del loro pane. Erano buoni con i buoni ma non si facevano posare le mosche sul naso.

Al padre piaceva passare certe serate in compagnia, farsi il bicchierotto in allegria per poi rincasare la sera tardi anche se la mattina lo aspettavano i lavori di campagna. Si portava appresso i figli idonei al lavoro, non esclusa la femmina ché la vita del contadino è dura e lo diventa maggiormente quando le annate male si prestano alla produzione.

betIl vizietto del capofamiglia di farsi il bicchierotto, di chiacchierare nelle bettole e l’atteggiamento spavaldo non sfuggì a qualche spia prezzolata che riportò ai gendarmi le sue parole in libertà. Fu chiamato in caserma, interrogato su alcuni reati commessi nella zona, diffidato e invitato a curare gli affari della campagna e a rinchiudersi nella sua cerchia familiare.

Questo campanello d’allarme per l’onesto agricoltore fu come un fiammifero che col tempo doveva mandare in fiamme tutta la famiglia. Per parecchio tempo tenne a freno la lingua e il vizietto. Quando gli parve che le acque si erano calmate, ritornò a quel bicchiere di vino bevuto in bettola che per lui era la migliore medicina contro la fatica di dodici e più ore di lavoro massacrante.

Ma i nemici erano sempre alle calcagna e portavano in caserma informazioni prezzolate che lo dicevano autore di furti di bestiame così frequenti nel biennio 1924-1925. Mancavano sicure prove ma era sempre tenuto d’occhio e fatto oggetto di perquisizioni, e una volta si vide piombare addosso la squadriglia di Mussomeli.

In una delle tante perquisizioni, dopo aver protestato violentemente, perché brillo, venne arrestato, processato e condannato ad un mese di carcerazione.

Sopra questa famiglia si era aperta una tale frana che ne minacciava le fondamenta. I figli crescevano in questo ambiente, si stringevano al padre e promettevano di rompere la faccia a chi li voleva male.

Capitolo II

sito-2Il figlio Paolo sposò una ragazza di Montedoro e lì volle stabilirsi proprio per cercare un po’ di quiete, quella che non aveva vivendo con suo padre. Ma fu tempo sprecato, al destino non si sfugge, la polizia di Montedoro gli si mise alle costole, E così ora erano due e non una le famiglie Filuviu a essere sorvegliate.

Le forze dell’ordine avevano tanto da fare in quegli anni, i furti erano all’ordine del giorno, così decine di indiziati venivano convocati in caserma, presi a schiaffi, chiusi in camera di sicurezza a patire uno o due giorni a pane ed acqua per poi essere rilasciati con duri avvertimenti.

Nel 1927 a Montedoro venne uccisa una guardia giurata. Paolo Filuviu fu rinchiuso in caserma a patire schiaffi e fame per diversi giorni, si sentì male e chiese di essere visitato. Il medico intervenne con ritardo. Il giovane uscì dalla caserma portato a braccio dai parenti, raggiunse la propria abitazione ma in pochi giorni se ne dipartì lasciando nel lutto, nella disperazione e nella fame la moglie e i due teneri figli.

I parenti di Milocca gli dettero l’ultimo addio al cimitero. Il padre, la madre e i fratelli tornarono a Milocca imprecando contro la malasorte che gli aveva rubato il loro congiunto e rovinato la nuova famiglia.

I Filuviu diventarono più cauti, ostili a dire una parola, rinunciarono ai divertimenti e a comparire in pubblico, si isolarono ma vennero pure isolati, alcuni conoscenti non li trattavano più per paura della polizia, altri perché cominciavano a dubitare di loro. Ma rinchiudersi in famiglia non servì a nulla perché ormai ad ogni furto e danneggiamento si ritrovavano in casa le forze dell’ordine.

Prefetto_di_ferro_01Nel 1928 la delinquenza e gli atti di mafia raggiungono proporzioni allarmanti. Mussolini è costretto a prendere provvedimenti decisivi: arrivano abili commissari e rinforzi, bisogna procedere a retate, arrestare tutti quelli con la fedina penale sporca, addebitargli ogni tipo di reato, salvo poi riuscire a provare la propria innocenza.

La provincia di Caltanissetta non fu risparmiata e gli arresti coinvolsero anche la famiglia Filuviu. Il capofamiglia e il figlio Peppe vengono arrestati, gli furono addebitati alcuni reati e l’associazione a delinquere. Dopo due anni di galera arrivò il verdetto del tribunale: cinque anni per il padre, due per il figlio.

Le cose non migliorarono dopo i cinque anni. La polizia li perseguitava sempre. Quale poteva essere il loro stato d’animo se non quello di ritenersi una nave in avaria, in balia delle onde che un giorno o l’altro sarebbe scomparsa in fondo al mare?

Il padre ultrasettantenne era sfinito dalle avversità e roso dai reumatismi presi in carcere, sempre accorato era costretto a muoversi per le necessità della vita. Peppe confidava la sua rabbia ad amici fidati e si sfogava dicendo che se gli sbirri e le spie non finivano di perseguitarlo da un uomo onesto sarebbe finito per diventare un vero delinquente.

Capitolo III

Nel 1937 fu taglieggiato un vigneto. Arrestano i tre fratelli Flavio. Dopo tre mesi di latitanza però vengono arrestati i veri colpevoli e i tre rientrano a casa più avviliti e arrabbiati di prima. Intanto muore la madre. Il padre secco come uno scheletro va alla deriva. I figli Luigi, Melo, Peppe e Narra reagiscono e sono pronti a lottare per fare cambiare le cose.  Ma la musica non cambiò.

Nel 1939 ci fu un furto di bovini. Ancora una volta furono indiziati i Filuviu che, per fortuna, poterono presentare un alibi di ferro. Per Peppe questo fu il colmo, decise che morto sì sarebbe tornato in caserma, ma vivo mai. Agli amici cominciò a manifestare l’intenzione di darsi alla macchia e diventare uccel di bosco.

Aveva un fisico aitante, sapeva stare in compagnia ma ormai poco gli interessava la vita campata così, i suoi venticinque anni gli sembravano già troppi. Pensò che per troppo tempo era stato pecora e lasciò ancora per poco a Dio la possibilità di vendicarsi delle spie, poi decise di allontanarsi da quel posto maledetto.

Fu dichiarato latitante e quando nel 1940 venne chiamato alle armi e non si presentò. Disertore un motivo in più per cui fu ricercato con più accanimento dai carabinieri. La sua casa venne tenuta sotto controllo e perquisita più volte ma senza risultato. Ogni tanto Peppe di notte andava a trovare i familiari.

Peppe non si era allontanato troppo dal paese. Dolce con gli uomini dolci, amaro con gli amari si era fatto benvolere dai proprietari terrieri del triangolo Milocca – Mussomeli – Serradifalco i quali in cambio dei suoi servizi gli avevano regalato una bella giumenta. Portava con sé il moschetto e una pistola automatica ma anche gli attrezzi agricoli per passare alcune ore nei seminati del padre.

Nel 1943 successo l’Armistizio, molti sbandati si aggiunsero ai disertori. Anche le zone di Crocefia, Cannitello, Raffi, Conigliera, Sampria e Reina dove abitava Peppe furono invase da costoro. Dapprima isolati, si unirono in bande armate.

banNon finivano mai di chiedere vitto e alloggio e rubavano pure bestiame. La loro presenza fu un momento di crisi per i proprietari terrieri e i coloni che li denunziavano ai carabinieri.

Per contrastarli e riprendere il controllo della zona venne rinforzato il nucleo carabinieri di Mussomeli che si misero a dare la caccia a questi banditi. Contemporaneamente aumentarono i pericoli per Peppe e il fratello Paolo che si erano dati alla macchia. I fratelli si trasferirono al feudo della Marchesa e da lì, avvisati da amici, si spostarono al feudo Rabbione girando tra Mussomeli e Serradifalco.

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Mozione del gruppo “Milena Domani” per impegnare il Sindaco alla corresponsione delle somme dovute agli operai e al personale tecnico del cantiere che hanno lavorato alla costruzione del marciapiedi di via Caltanissetta”.

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aGiovedì prossimo 29 luglio 2021 è stato convocato il Consiglio Comunale presso la Biblioteca comunale alle 20,30.

I Consiglieri comunali Alfonso Cipolla, Angela Falcone Maria Carmela Ferlisi e Maria Giulia Provenzano del gruppo “Milena Domani” hanno inviatoal Presidente Giovanni Randazzo formale richiesta di inserire nell’ordine del giorno degli argomenti da trattare una mozione che impegna il Sindaco a pagare i tecnici e gli operai impegnati nel cantiere per la costruzione del marciapiede di via Caltanissetta, finito ai primi di maggio 2021.

Purtroppo, dopo tanti mesi nessuno di loro è stato ancora pagato e, a quanto ci riferiscono, nemmeno i fornitori. E, quel che è più grave, sta circolando la voce che sarebbero pagati dopo l’estate, forse a settembre!

Trattandosi in particolare di un cantiere finanziato dalla Regione Siciliana, riservato a lavoratori disoccupati allo scopo di alleviare il disagio economico e sociale, i consiglieri della minoranza hanno sentito il dovere di fare quanto è in loro potere per porre fine a questo problema che si sta riproponendo ancora una volta e raggiungere lo scopo di fare pagare il saldo a tutti coloro che hanno lavorato per il cantiere.

c2-5Ecco il testo della richiesta inviata.

Signor Presidente,

la invitiamo a iscrivere all’ordine del giorno del Consiglio comunale del 29/07/2021 la seguente “Mozione che impegna il Sindaco alla corresponsione delle somme dovute agli operai del cantiere e al personale tecnico che hanno lavorato alla costruzione del marciapiedi di via Caltanissetta”.

cosa-sono-le-aliquote-irpef-e-come-si-calcolano-le-tasse-sul-redditoDopo la chiusura del cantiere, avvenuta a maggio scorso, non sono state ancora corrisposte ai tecnici e agli operai del cantiere riservato ai disoccupati, le somme loro spettanti a saldo, per tutta una serie di motivi che vengono loro addotti a scusante ma che non risolvono il problema di lasciare senza i soldi dovuti questa categoria svantaggiata sotto l’aspetto economico e sociale.

Non vogliamo entrare nel merito degli intoppi burocratici, siamo invece interessati a trovare la soluzione del problema che, come la volta scorsa, può passare attraverso una variazione di bilancio che consenta di anticipare le somme dovute, anche ai fornitori, attingendo ai fondi del bilancio comunali prontamente disponibili.

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La minoranza preme sull’acceleratore

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SM3Dopo le sollecitazioni dei consiglieri comunali Alfonso Cipolla, Angela Falcone, Maria Carmela Ferlisi e Maria Giulia Provenzano del gruppo “Milena Domani”, il sindaco Claudio Cipolla ha fatto recintare SAN MARTINO.

Un traguardo minimo ma indispensabile. Con questo semplice atto si evita che qualcuno, entrandovi, possa farsi del male o abbandonarvi immondizia, trasformando quel che resta dell’antico monastero in discarica a cielo aperto.

Giova ricordare che il monastero di San Martino è la testimonianza storica delle origini del nostro paese e conteporaneamente un bene architettonico, esempio raro di fattoria fortificata.

Lì ebbe inizio nel 1700 la storia di Milena che nacque dalla fusione nel 1923 delle borgate di Milocca e San Biagio che prima erano di proprietà dei comuni si Sutera e Campofranco.

San Martino rappresenta dunque un bene storico e monumentale, come è facilmente dimostrato da tutta una serie di prove documentali, ma si attendono atti pratici che portino al suo restauro sotto la sorveglianza della Soprintendenza nissena ai Beni Culturali e Ambientali di Caltanissetta e dell’Assessorato regionale competente.

I consiglieri comunali della minoranza, sempre attivi per il bene del paese, stanno premendo sull’Amministrazione comunale perché si compiano i passi successivi per raggiungere il traguardo finale: la ristrutturazione del monastero-fattoria fortificata di San Martino che appartiene storicamente ai Benedettini del Monastero di San Martino delle Scale di Morreale dove si trova la famosa Abbazia dedicata dedicata a San Martino vescovo di Tours.

SM2Un successivo passo fondamentale sarà l’espropiazione del terreno su cui sorge il monastero che risulta diviso tra numerosi proprietari.

Il problema potrebbe risolversi anche con una donazione da parte dei numerosi eredi, come come aveva anticipato il compianto e famoso nostro concittadino Padre Vincenzo Sorce la cui famiglia lì abitò ed egli stesso vi trascorse l’infanzia. A tal proposito, come non ricordare la sua volontà nella poesia “Vergine del tramonto”?

.Adesso è arrivato il momento giusto, l’ultimo a nostra disposizione, prima che si rovinino anche le rovine, prima che crolli l’ultimo rudere e con esso anche l’ultima speranza..

E’ ancora possibile restaurare in primis i due portali all’ingresso della chiesa e della foresteria e intervenire sulla recinzione muraria.

E’ necessario procedere a piccoli passi, senza progetti faraonici, se si vuole raggiungere il risultato voluto e sperato da tantisimo tempo, troppo. Il restauro del nostro bene monumentale testimonianza chiave delle origini storiche del nostro amato paese.

La Vergine del tramonto di San Martino | Milocca – Milena Libera (wordpress.com)

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SUTERA HA LA SUA COLONNINA PER RICARICA ELETRICA DEI VEICOLI

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Be-ChargeL’associazione Borghi più belli d’Italia ha sottoscritto una convenzione con Be Charge, operatore per la mobilità elettrica sostenibile, per istallare le colonnine per ricarica veicoli elettrici in ogni borgo.
Si può caricare l’auto sia con l’app del cellulare sia con le carte di credito. Ci sono due tipi di ricarica, una lenta a 3 kW ed una veloce a 22 kW.
A Sutera è stata collocata in Via Mazzini ed è già attiva.
Il Sindaco e l’Amministrazione Comunale sono orgogliosi di questa iniziativa ecosostenibile volta ad incentivare sempre di più lo sviluppo del nostro amato borgo.
BEC.ENERGY
Scopri la mappa delle colonnine di ricarica per auto elettriche di Be Charge: un network attivo in tutta Italia, sempre a tua disposizione.

SUTERA UNICO BORGO SICILIANO AL CONCORSO NAZIONALE “BORGO DEI BORGHI”

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Due progetti importanti: “Il Borgo dei Tesori Fest” e “Ho scelto il Sud”

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L’Assessore alla Cultura Giovannella Difrancesco accompagnata da due giovani volontari del servizio civile, Gianfranco Buttaci e Raimondo Pardi, hanno partecipato per conto del Comune di Sutera, che ha aderito a questa nuova ed importante iniziativa culturale di grande rilevanza turistica.

Giovedì 8 luglio 2021 presso lo Spasimo di Palermo sono stati presentati due progetti importanti:

Il Borgo dei Tesori Fest che nasce all’interno della Fondazione Le Vie dei Tesori in collaborazione con tutti i Comuni e Fondazione con il Sud e sostenuto da IGT e Fondazione Sicilia, a cui hanno aderito 60 Borghi siciliani,

e il progetto “Ho scelto il Sud” i cui protagonisti sono e saranno giovani talenti che dopo un’esperienza di studio-lavoro fuori dalla Sicilia hanno scelto e deciso di ritornare nella propria terra d’origine per mettersi in gioco dal punto di vista lavorativo, professionale ed esperienziale.

La manifestazione è stata curata e presentata dalla Presidente de Le Vie dei Tesori Dott.ssa Laura Anello alla presenza dell’Assessore alla Cultura del Comune di Palermo Mario Zito, dell’Assessore Regionale ai Beni Culturali e dell’Identità Siciliana Alberto Samonà e del Presidente della Regione Nello Musumeci.

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Hanno fatto da sfondo i testi e le apprezzatissime note musicali di Mario Incudine e Antonio Vasta. A tale manifestazione hanno partecipato gli amministratori, Sindaci e /o Assessori, dei Comuni aderenti alla nuova Associazione.

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Sopralluogo della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Caltanissetta

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Sopralluogo presso la cappella rupestre di San Marco a Sutera dove è in corso l’intervento di restauro delle pitture parietali curato dalla dott.ssa Belinda Giambra.
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Vi hanno preso parte oltre al Soprintendente a all’arch. Filippo Ciancimino per la Soprintendenza, il prof. Ferdinando Maurici, il dott. Filippo Sciara, il dott. Alberto Scuderi per l’Associazione Gruppi Archeologici d’Italia e il dott. Nino Pardi per l’Associazione GOD Sutera.
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Al sopralluogo, durante il quale sono emerse importanti novità attualmente in fase di approfondimento, ha fatto seguito un proficuo incontro al Comune con il Sindaco dott. Giuseppe Grizzanti, l’Assessore Giovannella Di Francesco e il Consigliere Ippolito durante il quale sono state concordate le modalità attuative per interventi di valorizzazione del patrimonio archeologico di Sutera.
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Domenica 1 agosto è prevista l’inaugurazione del Monumento all’Emigrazione di Joseph Tona, ma ancora non è uscito il programma ufficiale.

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Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 6,1-15

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IR (1)n quel tempo, Gesù andò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi.
Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli.
Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?».
Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare.
Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?».
Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero.
E quando furono saziati, disse ai discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto».
Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: «Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!».
Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo.

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