UN PATRIMONIO INESTIMABILE COLPEVOLMENTE ABBANDONATO
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Milena (Cl) – Il VILLAGGIO NEOLITICO
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Posted in Ambiente, Comune, Cultura, Foto/Video, Milena, Politica, Proposte, Regione Siciliana, Scienza e Tecnica, Scuola, Sicilia bella, SiciliAntica, Stampa, Tv e Blog, Storia, Storie di Milocca/Milena, Temi importanti, Turismo, Viabilità, web on 22 giugno 2021| Leave a Comment »
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Milena (Cl) – Il VILLAGGIO NEOLITICO
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Posted in Milena on 22 giugno 2021| Leave a Comment »
Renato Pierri
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Paolo Del Debbio: “Non ho visto manifestazioni o manifesti firmati dagli intellettuali, tutto questo mi fa molto arrabbiare”. Mario Giordano: “Sono indignato. Dove sono le femministe? Dove sono quelli che scendono in campo per i diritti delle donne?”.
Matteo Salvini: “Serve alzare la voce contro chi fa finta di niente o derubrica la vicenda a semplice femminicidio”. Ritanna Armeni: “Non abbiamo detto nulla su Saman per un razzismo sottile”.
Nel nostro bel paese uomini italiani commettono spesso, troppo spesso, “semplici femmincidi”, e alle volte uccidono anche i figli, però a me non sembra che ogni volta ci siano state manifestazioni o manifesti firmati da intellettuali, non mi sembra che ogni volta Ritanna Armeni abbia fatto sentire la sua voce. Quindi non si comprende perché solo in questo caso si sia sentita la mancanza di proteste, manifestazioni e manifesti.
Il fatto che il femminicidio e figlicidio sia stato compiuto da stranieri non lo rende peggiore dei femmincidi e figlicidi commessi da italiani. E’ diverso l’orrendo delitto (il movente, in realtà, è diverso), ma non peggiore. Ignoranza e false credenze non accrescono la colpa, semmai la attenuano.
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Renato Pierri
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Io vi capisco. Giustamente vi siete scandalizzati. Giustamente vi siete indignati, arrabbiati. Giustamente avete protestato, gridato. Giustamente esigete si faccia in modo che altre ragazze come Saman Abbass non facciano la stessa fine. Giustamente volete che altre ragazze siano libere, che abbiano diritto di vivere come desiderano. Giustamente. Io vi capisco. Sacrosanto il vostro atteggiamento.
Ciò che non capisco è perché non vi siate scandalizzati alla stessa maniera, non vi siate indignati, non vi siate arrabbiati, non abbiate gridato tutte le volte che è stata uccisa una donna da un italiano nel nostro paese. Sì, sì, lo so, ad uccidere una donna italiana è un uomo solo, ad uccidere Saman è stata una famiglia. E’ vero, avete ragione, ma gli effetti sono gli stessi: donne oppresse, maltrattate, uccise.
Cambia la figura degli assassini. Coloro che avrebbero ucciso Saman, per certi versi potrebbero essere rassomigliati a quei cristiani che mandavano al rogo innocenti ritenendo d’essere nel giusto. Diversa è la cultura, diversa la morale, diversa la consapevolezza di compiere il male.
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Renato Pierri
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Probabilmente Maria non fu costretta ad accettare come sposo Giuseppe, ma certo non fu lei a scegliere lo sposo.
In Palestina, al tempo di Gesù, le ragazze si maritavano appena considerate nubili, vale a dire legalmente a dodici anni e mezzo, e non erano loro a scegliere chi sposare.
Un giovane poteva scegliere la fidanzata, e sposarla col consenso del padre, ma nella maggior parte dei casi erano i genitori a combinare i matrimoni dei figli. Magari l’amore della sposa arrivava dopo, se arrivava.
Con molta probabilità a quel tempo non c’era bisogno di ricorrere alla forza, per indurre una ragazza a sposare l’uomo non scelto da lei, giacché la ragazza neppure si sognava di opporsi. La medesima cosa avviene nei paesi dove ancora oggi esiste l’usanza pessima di combinare i matrimoni.
Le ragazze neppure si sognano di rifiutare la sposo scelto dai genitori. Per opporsi, bisogna aver sentito il profumo della libertà, il fascino della libertà. Saman Abbass aveva sentito il profumo della libertà.
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Mancuso (FI): “Dal Senato ok a 700 milioni per investimenti, soprattutto al Sud. Fiducioso per quanto sarà destinato al territorio nisseno”
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Selvaggia Lucarelli e la super gaffe su Francesca Verdini e Matteo Salvini: ecco cos’è successo…
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IL CASO –
C’era molta gente per l’ultimo saluto di Michele, morto a soli 28 anni a causa di una leucemia fulminante. Tra i presenti anche Matteo Salvini, mano nella mano con Francesca Verdini. E Giorgia Meloni. Selvaggia Lucarelli coglie la palla al balzo e senza informarsi sul motivo della partecipazione dei tre azzarda un tweet che raggiunge le migliaia di persone che la seguono.
Un tweet al veleno: “La presenza di Salvini, fidanzata di Salvini e la Meloni al funerale di un ex ragazzo di Amici morto per una leucemia fulminante, perché? Erano parenti? Amici? È un funerale in cui la presenza della politica dovrebbe significare qualcosa? No, solo passerella”.
SUPERGAFFE –
La giornalista non sa che il padre di Michele, Domenico, è stato scelto per guidare il circolo Fdi di Rosà. Soprattutto ignora i rapporti di amicizia tra Francesca e Michele. Qualcuno inizia a far presente l’incredibile gaffe.
E un’ora più tardi arriva un post scriptum al tweet, dove tuttavia la pezza si rivela peggiore del buco: “P.s. L’unica amica di famiglia era francesca Verdini, mi dicono. Quindi appunto, politica e cartoline c’entravano ancora meno”.
“GIORNALISTA MESCHINA” –
Francesca Verdini questa volta non la manda giù. E replica per le rime su Instagram: “Ho pensato molto se scrivere o meno quello che sto pubblicando in questo momento, perché ho imparato da piccola che la stupidità va ignorata, altrimenti fa male. Ma a volte, anche se provi ad ignorarla fa male lo stesso. E per la prima volta in vita mia, sento il bisogno di rispondere: rispondo alla Signora Lucarelli.
Giornalista meschina, violenta, inacidita da una vita che evidentemente non va come avrebbe sperato, giornalista vuota e arrabbiata”. E dice di voler rispondere “per rispetto dell’ingiusta guerra che devono combattere due meravigliosi genitori, rispondo per rispetto di Michele, rispondo anche nel rispetto dei miei sentimenti e della persona che sono”.
SI VERGOGNI –
Quindi affonda: “Un ragazzo di 28 anni non c’è più, un amico, un figlio, un compagno di viaggio meraviglioso e lei è così meschina da aspettare con la bava alla bocca la prima occasione per dire qualcosa, riducendo questa assenza incolmabile in due righe di acidità?”.
E prosegue: “Sono allibita e arrabbiata. Non starò a giustificarmi con lei per qualcosa che sto – stiamo – vivendo, perché lei non si merita un secondo in più della mia giornata. Ma la invito a vergognarsi”.
E non si ferma qui: “Si vergogni perché andare in giro a giudicare in modo meschino e triste come è solita fare, deve avere un limite, e toccare con questa superficialità, con questo livore e con questa ignoranza una giornata come quella di ieri, lo supera di parecchio”.
E conclude: “Perciò si vergogni e chieda scusa a chi la legge e ai giornalisti perbene per essersi permessa di parlare di un momento così difficile solo perché non è in grado di sospettare che le persone si vogliano bene e si supportino a vicenda”.
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MUTILATO E INFOIBATO
L’insulto a don Angelo Tarticchio, il prete ucciso dai comunisti
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L’esercizio della memoria, quando l’ideologia continua a far velo (o si usa la burocrazia come scudo), non è cosa facile. E diventa ancor più difficile se di mezzo c’è un prete, Don Angelo Tarticchio, finito nelle Foibe per mano dei partigiani titini, comunisti.
Perché non si può dire, non si può ricordare, non si può celebrare. Nemmeno a Milano, città Medaglia d’Oro della Resistenza. Segno che la memoria condivisa, invocata anche dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, è ancora di là da venire.
Così accade che una targa dedicata al prelato, deliberata dal Municipio 2 (a guida di centrodestra), viene stoppata dal Comune, per un cavillo burocratico. Come se i martiri dovessero essere «vidimati» da qualcuno. Ma, soprattutto, guai a parlare di «comunisti jugoslavi di Tito».
«Il comitato “Milano è Memoria”, secondo il protocollo di Palazzo Marino, avrebbe dovuto avvallare la targa prima dell’affissione», spiega Samuele Piscina, presidente leghi sta del Municipio 2 che ha promosso l’iniziativa, «peccato che il suddetto comitato, come precisato in delibera, riguardi la memoria unicamente di Milano», spiega l’amministratore, «e quindi fatti o persone relativi alla nostra città e non sicuramente di un martire delle foibe vissuto e ucciso in Istria.
Singolare è stata anche la richiesta informale, avanzata per vie traverse da un funzionario del Comune, di eliminare le parole infoibato dai comunisti jugoslavi di Tito dalla targa, per trovare una conciliazione, poi tramontata dalla continua opposizione comunale».
Nonostante l’assurda applicazione delle regole, o la voluta interpretazione politica, la cerimonia si è svolta ugualmente. Nei giardini di piazzale Salvatore Fari na si sono ritrovati i membri del Comitato Pro Monumento, appartenenti al Comitato provinciale dell’Associazione nazionale Venezia -Giulia -Dalmazia di Milano e i parenti di Don Angelo. Per loro la memoria non è solo un esercizio, ma un dolore. Che non si cancella. Glielo leggi negli occhi.
La targa è stata scoperta, il tempo di ricordare e commemorare Don Tarticchio e quanti sono finiti nella follia titina, ed è stata nuovamente coperta con una scritta emblematica: «Targa censurata, in memoria di un martire delle Foibe».
Difficile da comprendere, per loro, quasi impossibile da spiegare, per noi. Don Angelo Tarticchio, nato a Gallesano, svolgeva la funzione di parroco a Villa di Rovigno.
Il 16 settembre 1943 fu prelevato dalla parrocchia dai partigiani titini, appoggiati dai partigiani comunisti italiani. Insieme ad altri trenta dei suoi parrocchiani, venne gettato nella cava di bauxite di Lindaro. Ai primi di ottobre i pompieri di Pola lo trovarono completamente nudo, con una corona di filo di ferro spinato calcata sulla testa e i genitali tagliati e conficcati in gola.
L’esercizio della memoria non è cosa facile, ma necessario, doveroso. Soprattutto quando rivela l’ipocrisia delle ideologie.
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Per informazioni orientamento.palermo@lumsa.it; c.caltagirone@lumsa.it
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Brochure-Scienze-educazione-Palermo-2020-2021 rivisto (1)
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