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Archive for 3 dicembre 2014

tari1Postergate le scadenze delle bollette Tari

 c. l.)

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La pressione fiscale sulla cittadinanza bompensierina è ritenuta eccessiva, per cui, considerata la crisi economica che sta travagliando fortemente le famiglie, il sindaco Salvatore Gioacchino Losardo ha deciso di procedere alla rimodulazione delle scadenze delle rate per il pagamento della Tari, la tassa sui rifiuti 2014.

Un provvedimento, dunque, adottato dal sindaco per venire incontro alle esigenze dei contribuenti e che, certamente, potrà comunque rappresentare una piccola boccata di ossigeno per i contribuenti bompensierini.

LosardoNell’avviso pubblico il sindaco ha scritto: «Le bollette relative al pagamento della tassa sui rifiuti scadono la prima il 31 ottobre, la seconda il 30 novembre e l’ultima il 31 dicembre 2014; tuttavia, considerato che in questi periodi ci sono varie scadenze per i cittadini, quali canone televisivo, bollo auto, etc., allo scopo di alleggerirne la pressione fiscale e tenuto conto del momento critico in cui versano le famiglie, stante la crisi che ha investito tutto il paese, è stato deciso di rimodulate la scadenza delle rate della Tari».

In particolare è previsto che la prima rata della Tari 2014, con scadenza al 31 ottobre, è stata differita al 30 novembre 2014 (anche se questa è ormai scaduta), la seconda rata, con scadenza al 30 novembre, differita al 31 dicembre 2014; la terza rata, con scadenza al 31 dicembre differita di quasi due mesi al prossimo 28 febbraio 2015.

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«Più attenzione ai pensionati»

La Uil chiede tariffe di salvaguardia dei redditi degli anziani

c. l.)

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montedoro-1«I pensionati continuano a pagare un conto salatissimo, dimenticati da tutto e da tutti. Nonostante rappresentino il vero ammortizzatore sociale ad oggi non si intravedono politiche a sostegno degli anziani e dei non autosufficienti».

E’ questo in sintesi ciò che emerge dall’ultimo incontro tenutosi alla Lega pensionati Uil di Montedoro con iscritti e simpatizzanti alla presenza del capo Lega Andrea Morreale e del segretario provinciale della Uil Pensionati Salvatore Guttilla.

Nel corso dell’incontro sono emerse proposte per tutelare il reddito da pensione, per estendere la riduzione delle tasse (Tari e Tasi) anche ai pensionati con basso reddito.

I due dirigenti sindacali, in particolare, hanno lanciato un appello sulle politiche a favore dei pensionati a basso reddito: «E’ necessario tutelare queste categorie più deboli – ha sottolineato Andrea Morreale che ha criticato il regolamento Tasi, Tari e Imu dei Comuni del Nisseno: «la verità è che non è stato previsto alcun aiuto o sgravio ai pensionati con basso reddito – ha insistito Morreale – per questa ragione la Uil Pensionati chiede di garantire una politica tariffaria di salvaguardia e tutela dei redditi attraverso l’individuazione di livelli Isee, allo scopo di contenere l’incidenza degli aumenti sulle fasce di reddito più basse».

senSecondo Morreale: «per i nuclei monocomponente, le amministrazioni locali hanno previsto una riduzione, lo stesso non è stato però fatto per le famiglie di pensionati che vivono con una pensione di circa 600 euro; bisogna perciò rimodulare il sistema, in modo da agire su queste differenze e facendo in modo che questi sgravi investano i pensionati a 360 gradi».
Secondo uno studio dello stesso Andrea Morreale e di Salvatore Guttilla, «le nuove tasse porteranno via, per chi ha una sola abitazione di 110 mq, circa 500 euro, cioè un mese di pensione, senza considerare il pagamento di spese di riscaldamento, bollette della luce e dell’acqua, avendo presente che una larga maggioranza di pensionati sta sotto i mille euro al mese e che le pensioni non sono state adeguate al costo della vita; per questa ragione riteniamo che i Comuni debbano intervenire con politiche fiscali che vengano incontro alle esigenze di tutti i nuclei familiari con anziani a basso reddito».

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Italia sprecona si butta un sacco di cibo

Gaetano Bonaventura

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sprecoItalia sprecona, il cibo buttato, ma ancora buono, sfamerebbe un intera nazione Italia sprecona, con gli alimenti ancora buoni, ma finiti nel secchio dell’immondizia, si potrebbe sfamare l’intera nazione. In Italia ogni giorno 4 mila tonnellate di alimenti consumabili finiscono tra i rifiuti, una quantità che in un anno raggiunge il peso di 6 milioni di tonnellate.

Con il cibo che buttiamo, che scade, che non raggiunge le nostre tavole, che viene gettato via dalle mense o che addirittura rimane a marcire nei campi senza neanche essere raccolto, si potrebbe sfamare la Spagna oppure tre quarti dei nostri connazionali (oltre 44 milioni di persone).

I dati sono stati forniti a Roma, presso la sede del Parlamento Europeo in Italia, durante la presentazione del progetto europeo ‘Un anno contro lo spreco’, ideato dal fondatore di Last Minute Market (lo spin-off dell’Università di Bologna nato per recuperare i beni invenduti), Andrea Segrè, per indagare lo spreco, ma soprattutto per imparare a combatterlo.

La maglia nera degli spreconi spetta agli Stati Uniti, che nel complesso buttano via il 40% degli alimenti prodotti. Ma l’Italia non sembra essere molto più virtuosa: circa 1/3 della nostra produzione è cestinato. Il fenomeno è trasversale, riguarda tutti, compresi Paesi come la Cina che stanno iniziando ad emulare gli stili di vita occidentali, sprechi compresi: il gigante asiatico butta il 16% del cibo, una cifra impressionante a livello numerico. La Svezia , attenta a stili di vita ecologicamente sostenibili, cestina il 25% delle produzioni. In poco più di 30 anni, dal 1974 ad oggi, nel mondo gli sprechi alimentari sono cresciuti del 50%.

spreco1Oltre alla valenza etica ed economica, non bisogna tralasciare l’impatto ambientale del fenomeno: basti pensare che una sola tonnellata di rifiuti alimentari genera 4,2 tonnellate di Co2. Se questi sono i numeri del problema, ora bisogna capire come intervenire: ”E’ difficile capire quanto spreco ci sia in ogni punto della filiera – ha spiegato Segré -. Però il consumatore è certamente l’anello debole. Per questo è importante informare il cittadino e renderlo consapevole del fatto che semplici azioni possono fare la differenza”.

Nel dettaglio, i prodotti più sprecati sono, in ordine: il pane, l’ortofrutta (circa il 40% dello spreco), il latte e i formaggi, la carne. In particolare, da analisi di Last Minute Market, emerge che nei nostri campi rimane tanta frutta e verdura quanta quella che consumiamo: nel 2009 si parla di oltre 7 milioni e mezzo di tonnellate, a fronte di un consumo che supera di poco gli 8 milioni.

Ma lo spreco non si ferma sui campi: nelle cooperative di primo grado ogni anno viene ritirata frutta e verdura, per evitare che i prezzi scendano al di sotto di quelli previsti dall’Unione Europea, una quantità che potrebbe soddisfare le esigenze giornaliere di una città come Bologna o Firenze. Gli sprechi alimentari della distribuzione al dettaglio permetterebbero di sfamare per un anno una città come Genova. Nell’industria agroalimentare lo spreco si è attestano a circa il 2,2%, oltre 2 milioni di tonnellate. Presso i centri agroalimentari è emerso che ogni anno una percentuale di ortofrutta che si attesta a circa all’1,2% viene gestita come rifiuto.

 

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Un po’ di RELAX

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abc“Arabesque – Piquet – Assemblé – Fouetté – Jeté – Pas de bourré –  Cabriole”.

A quale disciplina sportiva si riferiscono questi termini francesi (usati in tutto il mondo)?

 

Risposta

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Pandora

Pandora

briciolanellatte

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scheletriTutto cominciò con il cane del dott. Merrymore: una femmina di dobermann di due anni, dal passo felpato e dallo sguardo lucido. Sì, lo ricordo bene, iniziò proprio da lei. Mi ricordo anche del cielo: era vuoto perché la luna era nuova e la sua faccia scura si confondeva con la profondità della notte che sembrava averla ingoiata; di solito le stelle la fanno da padrone in nottate così, giusto per acquietare la claustrofobia del buio opprimente. Ma non in quella notte: il buio era assoluto.

Non è di questo però che volevo raccontare. Volevo parlare piuttosto del cane, di Pandora appunto, così si chiamava il dobermann di Merrymore che iniziò ad abbaiare all’improvviso, senza apparente ragione, dapprima sommessamente e poi sempre più forte. Il dottore la squadrò stupito, perché la sua cagnetta non emetteva di solito pressoché alcun suono se non mugolii di piacere quando tuffava il muso focato nella ciotola odorosa o ringhi sordi all’indirizzo di passanti frettolosi al di là della staccionata. Si era messa invece ad abbaiare con determinazione, con note quasi disperate, come se ci fosse qualcuno in casa e volesse mandarlo via. S’infilava inquieta sotto il letto, girava senza pace attorno al tavolo, s’intrufolava nel vano del caminetto. E tutto ciò senza smettere di latrare. Mai. E sia di giorno che di notte. Il dottore si era subito preoccupato, tanto che la mattina seguente la fece vedere; ma il veterinario, dopo le analisi di routine e una visita accurata, diagnosticò solo un non meglio definito ‘stress da luogo confinato’ raccomandando lunghe passeggiate e prescrivendo blandi sedativi. Senza essere in grado tuttavia di spiegare lo strano fenomeno, né ad attenuarlo in alcun modo.
Nel frattempo, di là dalla strada, aveva iniziato ad abbaiare anche King, un alano di sette anni che svegliò tutto il vicinato per il suo ringhio potente e perché la sua cuccia si trovava proprio sotto il portico della villetta che ne amplificava il suono. Dapprima si pensò abbaiasse per simpatia, per rispondere a Pandora, ma poi, visto che non smetteva, si credette a un qualche misterioso virus. Le rispettive famiglie non riuscivano più a dormire e, quel che c’era di peggio, i vicini si stavano infuriando.
Si sarebbe insomma messa male se non fosse stato che, via via, tutti i cani del quartiere e poi di più rioni e poi del paese intero iniziarono ad abbaiare, anche loro, in modo forsennato. Tutti insieme, voglio dire, senza mai fare una pausa neppure per il pasto. La situazione si era fatta preoccupante tanto che ne parlarono i giornali nazionali e anche la tv. Sì sì, pure la tv.
Poi, tre giorni dopo, esattamente alla stessa ora in cui Pandora aveva iniziato ad abbaiare la prima volta, tutti i cani smisero allo stesso preciso istante. Tutti, ancora una volta. Il silenzio che subentrò fu così violento e inaspettato che la gente scese in strada come avrebbe fatto se si fosse verificato un terremoto. Si guardavano l’un l’altro increduli, le orecchie doloranti, senza aver voglia di parlare. Si godevano quel silenzio denso, un fruscio di seta nella notte placida e tranquilla di mezza estate.

Ma la pace durò poco. D’un tratto i cani, ubbidendo a un unico invisibile comando, uscirono dalle loro case.C’è chi spezzò la catena, chi mandò in frantumi i vetri di una finestra, chi lasciò il piede del proprio padrone scattando in avanti come una rana che sfuggisse a un incendio. Si diressero, quasi un sol gruppo, a sud della città, correndo come impazziti.
«Stanno scappando…» commentò un tipo sbalordito per quel comportamento.
«Forse inseguono una lepre» fece un altro.
«No» disse il prete stringendo a sé il crocifisso che gli pendeva opaco dal collo. «Si stanno dirigendo verso il cimitero. Che Dio ci assista.»
Ma i cani superarono al galoppo il cimitero locale dirigendosi in un campo abbandonato al limitare del bosco. Si misero a scavare e a scavare, facendo volare tutt’attorno spruzzi di terriccio e ciuffi di sterpaglia; fino a quando non biancheggiarono dal fondo delle buche cumuli d’ossa e di scheletri avviluppati l’uno all’altro: era una fossa comune, come si capì subito, risalente alla seconda guerra mondiale; la gente del paese l’aveva cercata invano per anni per averne sentito parlare e perché molti vi avevano perduto parenti e amici; ma al tempo dell’eccidio i sopravvissuti erano sfollati in fretta e in massa, perdendone poi la memoria.

Chi l’avrebbe mai detto. Ritrovarla in quel modo! Tuttavia ricordo che ciò che più impressionò i testimoni di quella scena dal sapore ancestrale fu l’osservare distintamente, man mano che le buche diventavano profonde, dei guizzi viola e azzurri risalire rapidi dalla terra gonfia e arrampicarsi come fiamme sfilacciate verso il cielo. Una pioggia di luce a rovescio, insomma, che si ricongiungeva con l’infinito per ritrovare una pace perduta e un equilibrio per lungo tempo reso impossibile. Non era uno spettacolo che incuteva paura od orrore. No, no davvero. Semmai serenità e armonia. Come fosse naturale che tutte quelle anime fossero finalmente libere.
«E Pandora?» si chiese il dott. Merrymore osservando il rovistare ipnotico dei cani tra la terra. «Non vedo Pandora, dove si è cacciata?»

 

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fascio

Uno di destra è portato a fare di ogni erba un fascio?

 

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