Roberto Mistretta
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Sono stati tutti arrestati (alcuni si sono costituiti) i cinque imputati del processo «Uragano» che per la Cassazione sono affiliati alla famiglia mafiosa di Milena e responsabili di richieste di «pizzo» ad alcuni imprenditori.
Nelle ore successive alla sentenza della Corte Suprema, i carabinieri hanno provveduto ad assicurare alla giustizia (come già detto qualcuno s’è costituito prima che i carabinieri bussassero alla sua porta), Gioacchino Cammarata, al quale sono stati inflitti 12 anni, Giuseppe Cammarata, condannato a 11 anni, Giuseppe Tona e i fratelli Calogero Amico e Salvatore Amico, tutti e tre condannati a 8 anni ciascuno.
Gli Ermellini hanno confermato la decisione della Corte d’Appello nissena.
Per l’accusa, la cosca di Milena avrebbe fatto il bello ed il cattivo tempo nel paese nei primi anni 2000, gestendo diverse attività illegali, comprese le estorsioni alle imprese. I cinque arrestati sono stati condannati per le richieste di «pizzo» all’imprenditore di Milena, Paolino Diliberto, che era parte civile nel processo con l’avvocato Sandro Valenza, mentre per le estorsioni alle imprese Nola e Tona sono stati condannati soltanto i fratelli Cammarata. Va ricordato che a conclusione del processo di primo grado il tribunale aveva confermato l’aggravante di essere capimafia, ma la Corte d’Appello aveva cancellato tale aggravante, stante che l’unico boss riconosciuto sarebbe stato Francesco Randazzo, deceduto alcuni anni fa.
Il blitz «Uragano» eseguito dai carabinieri, scattò il 13 dicembre del 2005. Una ventina inizialmente i soggetti coinvolti nell’indagine, ma alla fine i presunti responsabili di singoli episodi di estorsione vennero assolti o condannati a pene leggere, mentre altre accuse vennero prescritte.
A distanza di un mese esatto dall’operazione Uragano, fu incenerita l’auto in uso a Giuseppe Cammarata, (una Peugeot intestata ad altra persona).
A marzo del 2006, la parte sana di Milena (la maggior parte), si ribellò ed organizzò la rivolta contro il pizzo nel Vallone nel corso dell’affollato convegno «Milena è il paese delle robbe, non della mafia», e tantissimi commercianti esposero la locandina dello stesso.
E a febbraio del 2010 il piccolo paese di Milena (3500 abitanti), salì alla ribalta nazionale per il servizio del settimanale antimafia S, circa la remissione in libertà di diversi soggetti arrestati nel 2005 proprio nell’ambito dell’operazione «Uragano», tutti condannati in primo grado ma scarcerati nel dicembre del 2009 per decorrenza dei termini di custodia cautelare in carcere.