La mugghieri è comu la gatta: si l’accarizzi, idda ti gratta!
di Salvatore Salomone Marino
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Marito e moglie non son visti a farsi carezze; si trattano apparentemente con un certo sussiego, più spiccato in lui; ma non perciò le anime loro sentono meno potentemente. Lei, tine per sè e i figli appena il necessario e anche meno, serba a lui le cose più buone, più utili, più belle.
Sono parchissimi nei cibi, e stanno paghi a una minestra, a un po’ di pane con cipolla o con olive salate: i più, se non sono stati gravemente infermi, e eccezion fatta per conviti nuziali e qualche solenne festa, ignorano di che sapore sia la carne e il pesce; il vino è bevuto soltanto dall’uomo, e quasi esclusivamente quand’è ai lavori campestri. Mangiano, s’egli è in casa, nello stesso piatto, ma ella gli sta presso con una certa soggezione, rannicchiata quasi, e mangia a piccoli bocconi, badando sempre a mangiare meno di lui, a non cominciare se lui prima non comincia. Gli ha rispetto, riguardi e devozione senza fine, perchè (ella suole ripetere) é l’uomo che dà nome e stato alla casa, egli ne è la colonna unica e sola.
Le cose, però, non passano sempre così lisce e dolci. Certi giorni il marito è di cattivo umore, sia perchè le faccende di casa vanno male, sia perchè altre e svariate ragioni lo sopraccaricano di elettricità, la quale non aspetta che un lieve contatto per scaricarsi violentemente.
Guai a quella moglie che, in tali momenti, facesse poco bene un suo lavoro, rompesse un utensile della casa, osasse fare un’osservazione al suo omo, gli mancasse minimamente di riguardo e della obbedienza dovuti a lui come a padrone! Allora egli perde il lume della ragione e la tradizionale calma ed alla deve subirsi in santa pace, e immeritevolmente spesso, le più sconce ingiurie, i più bestiali pugni, calci, legnate, o colpi dati col primo oggetto che al furibondo capita tra le mani.
Ne riporta lividure, bozze, qualche volta ferite e fratture; ma non pertanto ella emette un grido, non oppone resistenza, non fa le lagrime perfino, per paura del peggio, per non portare in piazza i guaj e l’inferno che ha in famiglia. Nè, passata la tempesta, ella ne muove querela contro l’inumano: si cura alla meglio (anzi è spesso lui che, sbollita l’ira, le reca conforto o farmaci), si fa con lui sempre più mansueta, più affettuosa, almeno in apparenza. Le Santippi sono rare, assai rare tra le massaje. A chi le rimprovera di questa completa e quasi stupida sottomissione, rispinde secca e semplice: Il torto è sempre di noi donne, che siamo cattive in tutto; il marito è marito, egli è padrone anche di ammazzarci, giacchè noi non viviamo che per lui e siam cosa sua affatto.
E il marito è davvero il padrone assoluto. Dopo i maltrattamenti e le busse, egli pretende che la donna gli si umilii (cosa ch’ella, del resto, fa volentierissimo) per accordarle pace; la schernisce per soprassello, volendo giustificare il suo bestiale procedere: Una dozzina di sante legnate (le canta), di quando in quando, ci vuole come il pane; se non altro, è un comodo mezzo per farvi allargare la pelle, e così mangerete di più e ingrasserete!
Più di un villico (e l’ho visto co’ miei occhi), tornando dalla chiesa alla casa nuziale, prima che i congiunti lo lascin solo con la sposa, dona a questa in presenza di tutti un solenne schiaffo, che non scandalizza nessuno, perchè di rito. E se la giovane ignara chiede, tra meraviglia e spavento, il perchè di siffatto procedere, lui risponde secco: Perchè, prima dei baci, impariate a conoscere l’autorità illimitata del marito! O ripete il proverbio: La mugghieri è comu la gatta: si l’accarizzi, idda ti gratta!
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Di questi tempi in cui la violenza dell’uomo continua a far strage di donne, abbiamo voluto portare un contributo alla comprensione del perchè di questa mutazione antropologica, pubblicando un brano di Salomone Marino su “Costumi ed Usanze” del popolo contadino siciliano, quando la donna di casa svolgeva un ruolo sottomesso all’uomo padrone.
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