Il primo simulacro del Biangardi
di Carlo Petix
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Erano passati quindici anni e la nuova Chiesa di “Milocca” non aveva ancora una scultura degna di valore, tale da essere di “vanto” nei riguardi dei paesi limitrofi. Pertanto si pensò di arricchire il sacro edificio con una pregevole opera, approfittando del fatto che l’allora parroco don Giuseppe Alessi conosceva il noto scultore napoletano Francesco Biangardi per realizzare (ci si aspetterebbe) un simulacro di San Giuseppe, patrono della Chiesa oltre che della borgata…
Ma niente affatto! Si formò un comitato sotto la reggenza di Luigi Genuardi per commissionare allo scultore partenopeo un Sant’Antonio Abate protettore degli animali e delle messi. E’ chiaro, quindi, che in una comunità prettamente agricola, dove la terra e gli animali sono tutto, ci si preoccupò anzitutto di “accattivarsi” la simpatia, o, meglio, la protezione di San Antonio, tutore appunto di tutto ciò che abbraccia il mondo agricolo.
Riguardo a questo comitato, purtroppo, non si trovano documenti e persino l’atto di costituzione (se atto c’è stato) è andato perduto. Le uniche notizie degne di rilievo – ancora una volta – sono affidate alla memoria e ai ricordi. La signora Magro Teresa, nipote acquisita del Genuardi (per parte del marito, anch’egli Luigi), mi raccontava che suo “nonno” si prodigò molto per portare a termine l’iniziativa, coinvolgendo anche Giuseppe Cannella e altre persone provenienti per lo più da “robba patini” (Villaggio Vittorio Veneto).
La presenza del Cannella dimostra l’importanza dell’iniziativa, considerando il fatto che l’uomo era uno dei più stimati e rispettati del suo tempo; aggiungiamo poi che era stato appena qualche anno prima il presidente dei famosi Fasci dei lavoratori della borgata, un movimento – come risaputo – laico e talvolta avverso alla Chiesa o, sarebbe meglio dire, al clero.. almeno a Milocca. Per questo l’iniziativa la definirei non solo religiosa ma anche laica e (perché no?) sociale.
Non sappiamo se la scultura venne alla luce a Milocca o a Caltanissetta, poiché proprio in quel periodo il Biangardi si era trasferito nel capoluogo di provincia per insegnare nello Ospizio di beneficienza.
Ritengo debba darsi maggiore credito all’ipotesi di un’esecuzione avvenuta nella stessa Milocca, sia perché è risaputo che lo scultore dimorava spesso sui luoghi di lavoro, sia perché avrebbe comportato una certa difficoltà trasportare la statua (in legno) da un paese all’altro, data la penuria delle strade del tempo.
Anche sul prezzo dell’opera si possono fare solo ipotesi: ad esempio, sfogliando l’opera di Michele Alesso “La settimana santa a Caltanissetta”, si scopre che l’autore, con dovizia di particolari, descrive le opere della via Crucis, scolpite nello stesso periodo dal Biangardi, e ne indica il prezzo. Sulla base dei dati che si ricavano da quel volume, si può avanzare l’ipotesi che la scultura di Sant’Antonio non dovette superare le duemila lire. Da notare ancora che nella Chiesa di sant’Agata in Sutera si trova una statua del Santo, risalente alla fine del settecento, che presenta notevoli somiglianze con la nostra. Che l’autore si sia ispirato ad essa?
Per quanto riguarda, infine, la descrizione della statua vorrei lasciare il compito al mio amico Enzo Ingrascì, che così ne parlava tempo fa in un suo lavoro:
“Il corpo eretto, il viso voltato verso destra ha caratteri somatici dolci e una folta barba grigia e lunga. Il viso e lo sguardo sembrano puliti, liberi da impudicizie e nefandezze come se guardasse il mondo con amore, del resto… “Omnia munda mundis”. Il capo è caratterizzato da una calvizia grigia sormontata da un’aureola. La mano sinistra è aperta con il palmo della mano rivolto vesro l’alto e con le dita atte a reggere il libro del Vangelo con una fiammella che esce dallo stesso, la mano destra è aperta con il palmo rivolto in basso e le dita ricurve a tenere il bastone. La figura è appoggiata sul piede destro ed il sinistro è in posizione avanzata. Accanto alla sua bianca veste sosta un porcellino accovacciato in una posizione canina, ilo suo sguardo è mansueto quasi sicuro come se non temesse nulla, data la presenza rassicurante del Santo”.
In quello stesso anno venne ordinato Sacerdote don Salvatore Maria Tona di Antonino e di Carmela Virciglio. Fu lui che continuò l’opera di costruzione o completamenti – sarebbe meglio dire – della nuova Chiesa, per qualche tempo coadiuvato dal vice parroco Don Giuseppe Cipolla.
Carlo Petix
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