http://it.wikipedia.org/wiki/Massacro_di_Biscari
Uccisi due volte: dagli americani e dall’oblio
“Così gli americani ci fucilarono”
di Barbara Romano
L’unico superstite racconta il massacro nel ’43 di 71 italiani trucidati dagli americani dopo lo sbarco in Sicilia. E chiede al governo una stele alla memoria.
Settantuno soldati italiani e due tedeschi furono brutalmente trucidati dai militari della 45esima divisione di Fanteria americana subito dopo lo sbarco di Gela, il 14 luglio 1943. Una battaglia del tutto dimenticata.
A distanza di 67 anni ancora non si conoscono tutti i nomi di quei commilitoni e neanche il luogo in cui furono sepolti. Non un monumento ai caduti, nemmeno un cippo veglia sul luogo della strage, compiuta nei pressi dell’aeroporto di Santo Pietro di Caltagirone (ribattezzato aeroporto di Biscari dagli americani), a ricordare il martirio di quei ragazzi ai quali toccò in sorte di cadere vittime di terribili quanto gratuiti crimini di guerra.
A raccontare l’altra faccia, quella impresentabile e cruenta dei paladini yankee della lberazione è l’unico superstite ancora in vita della strage di Biscari. L’aviere scelte Giuseppe Giannola, siciliano di Palermo, oggi 93enne. Aveva 26 anni all’epoca dei fatti. (…) Il racconto di Giannola (in servizio all’aeroporto di Santo Pietro) a Libero parte dal terzo giorno precedente la carneficina.
LA CONTROFFENSIVA
“L’11 luglio del 1943 mi ordinarono di perlustrare la pista di atterraggio insieme a un mio commilitone. E poche ore dopo catturammo due paracadutisti americani consegnandoli al comando”. Ma due giorni dopo si scatenò la controffensiva degli Alleati. “All’alba del 14 luglio, gli americani circondarono il nostro rifugio lanciando bombe a mano che esplosero davanti alle uscite. Ci urlarono di venire fuori con le braccia alzate e noi obbedimmo. Ci perquisirono e ci tolsero tutto lasciandoci in mutande. E ci portarono via le scarpe per impedirci di correre. Dopo poco, una trentina di soldati italiani furono uniti al nostro gruppo”.
Erano in tutto una cinquantina di militari. “Ci fecero disporre in due file da venticinque. Fu tremendo qunado ci schierarono“, ricorda l’aviere, “io ero al centro della prima fila. Accanto avevo due commilitoni palermitani che conoscevo da bambino. A quel punto un sergente alto, robusto e tatuato imbracciò il mitragliatore e cominciò a sparare. Io ricevetti la prima raffica di mitra al braccio destro e mi buttai a terra. I corpi degli altri commilitoni mi caddero addosso. Non vedevo più nulla. Sentivo solo il colpo di grazia a quelli in agonia. Stavo fermo con il braccio infuocato, la faccia e il corpo coperti dal sangue dei miei compagni. Rimasi immobile un paio d’ore, finchè il silenzio non divenne totale”.
Ma non era finita. “Lentamente e quasi paralizzato dalla paura, spostati i corpi, mi alzai. Feci appena in tempo a guardarmi intorno e mi raggiunse un’altra fucilata, che mi sfiorò la testa dove scavò un solco bruciandomi i capelli. Sarebbe bastato un millimetro più in giù per ammazzarmi. Ho cercato di non respirare, temendo che ci fosse qualche soldato americano appostato per fare secco chiunque fosse rimasto vivo”.
TRE VOLTE MIRACOLATO
“Non so quanto tempo sia passato”, sospira nel rievocare lo stato d’animo di un uomo doppiamente miracolato. “Il braccio sanguinante e la ferita alla testa mi bruciavano. Il dolore superò la paura. Così riuscii ad allontanarmi falla scena della strage vagando alla ricerca d’aiuto”. Il peggio però doveva ancora venire. “Mi imbattei in diversi militari americani, uno dei quali esibiva al braccio la fascia della Croce Rossa. Mi diedero da bere e mi medicarono le ferite. Poi a gesti mi fecero capire che da lì sarebbe passata un’ambulanza per portarmi in ospedale. Invece, arrivò una jeep con due soldati americani. Il primo scese disarmato, il secondo, armato di fucile, mi sparò il terzo colpo della giornata, questa volta a distanza ravvicinata, nel collo”.
Eppure incredibilmente, Giannola sopravvisse anche alla terza fucilata. Fu raccolto da un’ambulanza Usa e trasportato nell’ospedale da campo di Scoglitti, in provincia di Ragusa. Da lì iniziò la sua lunga odissea per gli ospedali finendo addirittura in Tunisia. Un amaro destino lo attendeva in patria. “La procura militare di Palermo mi dichiarò disertore. Rientrato dalla progionia, denunciai l’accaduto alle autoritò militari il 31 dicembra 45 e poi il 21 agosto ’46 al comado dell’aeronautica di Palermo. Nessuno mi volle credere o forse nessuno sapeva che farsene della mia verità. Nonostante tutto sono ancora vivo e continuo a raccontare la mia storia”.
Perchè prima di morire l’aviere scelto Giannola vuole che l’eccidio sia riportato alla luce.
Visto che, oltre al massacro di Biscari, gli americani compirono anche diversi eccidi di civili, quattro anni fa nei pressi dell’aeroporto, il Comune di Caltagirone ha posto una lapide in memoria di tutti i caduti, civili e militari. Giannola chiede, invece, che un cippo venga dedicato espressamente ai suoi oltre settanta commilitoni, di cui non si conoscono neppure tutti i nomi. Di quì il suo secondo appello al governo e alle istituzioni, affinchè si ricostruisca la lista completa dei militari trucidati all’aeroporto, molti dei quali risultano dispersi o disertori.
SERGENTE CONDANNATO
L’aviere chiede inoltre che venga individuato il posto in cui furono sepolti i suoi compagni per riesumare ciò che resta di loro. Ma le autorità italiane non ne sanno nulla. Gli unici che possono fornire una risposta sono gli americani che trascrivevano tutto e nei loro archivi probabilmente esiste una documentazione del luogo della sepoltura. Giannola è convinto che il cimitero si trovi a circa sei km dall’aeroporto di Santo Pietro, in località Piano Stella. Suo figlio Riccardo, invece, ritiene che il luogo dell’eccidio e della sepoltura si trovi a meno di un km dall’aeroporto.
Per la strage di Biscari la corte marziale dell’esercito degli Usa processò il sergente Horace West, condannato all’ergastolo, e il capotano John Compton, asolto perchè avrebbe eseuito un prdine del generale Patton al quale non poteva sottrarsi. Ma giustizia non sarà mai fatta. per Giannola, “finchè non verrà restituito l’onore ai miei commilitoni”. Non ha dubbi sul perchè lui non abbia fatto la loro stessa fine “Mi ha salvato la mia fede”.
SE LO DICE IL CAPO..

Non solo spareremo ai bastardi, ma taglieremo loro gli intestini ancora vivi, e li useremo per oleare i cingoli dei nostri carrarmati.
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Il 27 giugno 1943, durante la preparazione delle truppe statunitensi in vista dell’Operazione Husky, lo Sbarco in Sicilia, il comandante della 7ª Armata USA, generale G.S.Patton tenne un rapporto agli ufficiali della 45ª Divisione di fanteria nel corso del quale diede disposizione di uccidere – senza accettare le loro eventuali offerte di resa – i militari nemici che resistessero ancora quando le fanterie statunitensi fossero giunte a 200 iarde, circa 180 metri, di distanza da essi.
« Se si arrendono quando tu sei a due-trecento metri da loro, non badare alle mani alzate. Mira tra la terza e la quarta costola, poi spara. Si fottano, nessun prigioniero! È finito il momento di giocare, è ora di uccidere! Io voglio una divisione di killer, perché i killer sono immortali! »
Per approfondire
Non era una balla quanto raccontava il maresciallo Gentile quando diceva che rischiò di essere fucilato in piazza sena un processo. Gli americani, allora come ora cioè sempre sono gente pratica, una pallottola costa meno di un processo.
Quanto poi a scusarsi nemmeno ci pensano. Dopo 65 anni a Hirishima mandano l’ambasciatore John Roos. Non un fiore non una parola di scuse: ma cosa ci è andato a fare allora?
Non sono un bolscevico antiamericano, ma a leggere il passato e a vedere il presente concludo che non mi piacciono questi usa poliziotti del mondo.
In quanto a quel Patton generale di ferro di cui si parla nel post dell’eccidio siciliano, vuoi vedere che era lui the bastard?
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In guerra tutto è permesso con il placet dello stato e la benedizione delle chiese. Non esistono guerre buone. Manco quelle “sante” di cristiani e maomettani, inglesi e italiani, americani e talebani…
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rosa hai ragione
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non tutto è permesso…infatti esiste la corte marziale!!!Hanno fucilato dei prigionieri!!! delle persone che si erano arrese!
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In realtà il sergente West non fece neanche un girono di prigione……
Mentre la frase riportata e affibbiata a Patton è stata smentita da suoi colleghi e ufficiali….
Lo stesso Patton che voleva combattere contro i russi usufruendo dell’esercito tedesco venne sostituito e poi stranamente morto a seguito di un incidente stradale dove solo lui, come capita spesso, ne ha subito le conseguenze ..
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