Brutta fine di un pornoattore.
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Molti ricorderanno la storia di un trio di pornoattori di serie C che, dopo avere eluso la sorveglianza grazie alla complicità di un estroverso gaio elemento locale, si erano introdotti nel bel castello manfredonico di Mussomeli per girare scene omosex hard.
Il fattaccio suscitò clamore, ebbe vasta eco nazionale e presso le colonie sicule di emigrati in ogni dove. MML ne riferì compiutamente. Si rimanda a https://milocca.wordpress.com/2009/12/29/il-pornocastello/.
Sei mesi dopo ritorniamo a parlarne per commentare una bruttissima notizia che getta un fascio di luce sul mondo non sempre gaio dei gay. Nonostante il loro orgoglio mondiale e le loro colorite sfilate, non è tutto oro quello che luccica e il loro mondo, come quello della prostituzione maschile e femminile e dei travestiti, spesso è funestato da violenza, droga e morte.
Come è accaduto proprio per uno di quelli – chiamiamoli “attori” – che girarono la scena della magnifica location del castello che la leggenda vuole sia abitato da uno spirito, da un fantasma a cui non piace per nulla essere preso in giro…
E’ morto ammazzato a coltellate Jaime Salvador Tagliavia, gay pornoattore noto nelle produzioni di nicchia con il nome di Jacopo Martinez e noto alle cronache soprattutto per quel film “Le ragioni della carne” diretto dal pornoregista Angelo Nigro in quel di Mussomeli. E – guarda la coincidenza – proprio un Angelo Nero, quello della Morte Assassina, lo ha strappato alla vita a soli 35 anni, armando di lama affilata la mano di un compagno di vita e di erogiochi, Giovanni Cuttitta di 42 anni, rimasto ferito, nell’abitazione in cui spesso s’incontravano e ancora più spesso si abbandonavano a furiose liti, vere e proprie sceneggiate a cielo aperto.
E’ un vigile del fuoco vicino di casa, colpito dal trambusto e dalle urla, che chiama i carabinieri a cui racconta: “C’erano tantissime persone per strada che gridavano, indicando l’appartamento al primo piano. Sono salito e ho trovato la porta aperta. C’erano due persone per terra. Una aveva un cappio al collo e quasi non respirava, l’altra era in un lago di sangue”.
Quando i militari entrano nell’abitazione, Cuttitta era riverso per terra con una corda legata al collo e stava per morire asfissiato mentre Tagliavia presentava un morso ad un braccio dato dal Cuttitta, forse nel tentativo di divincolarsi dalla presa.