Australia, o apologia del viaggio /2
Qualche giorno prima di quell’incontro, io e i miei due compagni di viaggio, dopo un tramonto nel deserto gustato a bordo del nostro fuoristrada che sfrecciava nel nulla verso il villaggio più vicino, cercando di evitare che l’arrivo della notte ci cogliesse ancora di strada, finimmo in un pub a Tennent’s Creek, stazione di posta sull’unica strada per il nord, meta obbligata per gli avventurieri della terra rossa.
Era il giorno dell’Australia Day, e tutto il continente festeggiava con litri di birra e centinaia di quintali di salsicce arrostite sui barbecue. Quella sera, l’unico pub di Tennent’s Creek era aperto, e una decina di muratori del luogo stavano rinfrescando le loro gole arse da una giornata di duro lavoro con fiumi di gelida birra. Inutile dire che il tasso alcolico della comitiva era altissimo. Parlammo con uno di loro.
Aveva pressapoco ventotto, ventinove anni. Per tutta la vita, non era mai uscito dal paesino. I suoi genitori erano capitati lì molti anni prima, emigrati da un’Europa disastrata dopo il secondo conflitto mondiale. La madre era calabrese, il padre tedesco. Non appena il muratore, che ormai si piegava avanti e indietro sotto l’effetto dell’alcool, intuì dai nostri accenti che eravamo italiani, ci abbracciò e ci chiese, affettuoso, come fosse la Calabria. Se la vita lì fosse diversa. Guardandomi attorno, mirando gli stanchi lavoratori affogare il loro giorno di festa nel bar del paese, giocando a biliardo e imprecando bonariamente, mi sentii di dirgli che no, in fondo tutto il mondo è paese. Mi disse che avrebbe tanto voluto viaggiare. Ma l’indomani si sarebbe dovuto svegliare alle sei del mattino. Si girò, dopo qualche istante di silenzio, e riprese a parlare con i suoi mates, i suoi compari; i suoi picciotti.
Dopo qualche minuto, fummo accompagnati alla nostra squallida camera del motel per puttane in cui stavamo alloggiando. Il pavimento era bagnato d’umidità, le pareti opache di sporco, il condizionatore gocciolava per terra, sul tavolo stavano dei profilattici dalla confezione nera. Per ogni evenienza. Di fuori, gli aborigeni sedevano ancora sotto gli alberi a parlare, come avevano fatto per tutto il giorno, d’altronde.

Quando poi incontri un bestione simile credi di avere bevuto troppo!
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