Riportiamo l’articolo di Peppe Provenzano pubblicato su L’Unità del 2 giugno 2009
I cannibali e il sultanato di Sicilia
Non per fame, per bulimia. Lo scontro politico del largo centrodestra siciliano ha pervertito ogni strumento del potere. L’ultima degenerazione, la più grave, è del Pdl: un disegno di legge costituzionale contra personam, per modificare lo Statuto siciliano introducendo la sfiducia costruttiva. Il Parlamento impantanato in una procedura complessa, solo per minacciare un sultano di periferia.
Tutto inizia con una vecchia legge dei sultanati: la legge del fratricidio. Lombardo, al suo turno di potere, sacrifica il fratello Cuffaro – in un tempo di grave difficoltà, in attesa dell’appello dopo la condanna per aver favorito mafiosi. Un fratricidio, nel racconto di quest’ultimo, consumato con una simbologia rusticana, prima nei reciproci doni che sancirono il patto di sangue (un gallo e un porcellino, facili allegorie di un modo di esercizio del potere), e poi in tutte le nomine politiche: USL, dipartimenti, sottogoverno…
Era facile per questa via lasciarsi prendere la mano, far saltare la mensa che i fratelli avrebbero dovuto sempre condividere coi molti parenti del Pdl: la legge del fratricidio non si arresta mai ai germani. C’era il rischio per Lombardo di dover ricercare altri equilibri all’indomani di un risultato elettorale europeo insufficiente, mancato il quorum. E la scelta di azzerare la sua giunta e di vararne una nuova è stata una tattica audace: ha occupato la scena, per provare a raggiungere un consenso imprescindibile nel gioco politico isolano, sedersi al tavolo con Berlusconi, saltando ogni mediazione, come la Lega, il suo nuovo modello.
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